Guidati da una stella i Magi trovarono il Salvatore del mondo, il Re dei re. Che cosa troviamo noi guardando il cielo stellato del nostro tempo digitale?
Una risposta è un numero: 3.236. Sono i nuovi satelliti che Amazon entro il 2026 metterà in orbita per portare Internet ovunque. La Federal Communications Commission USA ha approvato il piano della società guidata da Jeff Bezos per la creazione di una costellazione di satelliti in orbita terrestre.
Kuiper che compete con Starlink
Conosciuto come Project Kuiper, il nuovo sistema servirà a estendere un servizio a banda larga specificatamente pensato per quelle regioni del pianeta più difficilmente accessibili. La copertura del segnale fornito dalla costellazione Kuiper andrà dalla latitudine 56° nord alla latitudine di 56° sud, coprendo così circa il 95% della popolazione mondiale.
Si tratta di una sfida al progetto Starlink di Elon Musk, del tutto simile negli scopi e nelle modalità, che a regime avrà 12.000 satelliti. Amazon ha registrato quest’anno il più grande profitto nella sua storia quasi trentennale e parte di questi profitti, 10 miliardi, sono investiti per proiettarla letteralmente nello spazio e di lì ancora di più nelle case e nelle tasche di ciascuno di noi.
Il progetto andrà anche a beneficio dei gestori wireless che distribuiscono 5G e altri servizi wireless in nuove regioni, ha specificato l’azienda, dunque in quei sistemi che connetteranno sempre di più gli oggetti tra loro e permetteranno esperienze di realtà aumentata e virtuale davvero importanti.
Una sovra-nazione privata
Si tratta di buone o cattive notizie? Per tacere dell’inquinamento luminoso, già denunciato da alcuni astrofisici, la posizione di Amazon in modo particolare è controversa: i due termini che emergono alla coscienza sono monopolio e latifondo.
La pervasività del sistema commerciale di Amazon è enorme e l’espandersi del controllo sui mercati deve destare legittime preoccupazioni. Il fatto che Bezos punti all’indipendenza della connessione e possa utilizzarla per un controllo globale del traffico non è la trama di un film ma la realtà dei fatti, che impone ancora una volta una riflessione globale.
In tempo di sovranismi più o meno beceri, il tema centrale è piuttosto quello della sovranità nazionale e internazionale, europea nel nostro caso.
I sistemi che governano la trasformazione digitale diventano sempre più onnicomprensivi, e dunque sempre più opachi e meno controllabili, anche dal mercato. Pure le teorie più liberiste di fronte alla realtà dei fatti debbono arrendersi all’evidenza che si stia formando una sovra-nazione privata che ha il controllo su troppo, su tutto.
Riarmo morale
La tecnologia con Internet è ormai un ecosistema in cui è evidente che le persone abitano con una consapevolezza limitata alla mera fruizione degli strumenti. Le modalità con cui le big tech si stanno appropriando del pianeta non sono dissimili dalle strategie mafiose, pur rimanendo ovviamente nell’alveo della legalità.
Per qualche misera mancetta o prebenda, l’email gratuita, la piattaforma di condivisione a poco prezzo, occupano tutto, gestiscono tutto. Usando parole forti, quelle che Luigi Sturzo usò negli anni Cinquanta contro la mafia, è giunto il momento di un «riarmo morale».
In un articolo del 1958 sull’Eticità delle leggi economiche, Sturzo sostiene che l’economia senza etica è diseconomia e che «l’utile degli associati a delinquere non è qualificabile come bene comune».
Credo che oggi un riarmo morale debba passare per un processo attento e concreto, preparato e diffuso di educazione non solo dei giovani, ma dei più, sul significato e sul senso della trasformazione digitale, sul disvelamento di alcuni valori dei suoi epigoni, per riportare nella democraticità la mafiosa e strisciante dittatura di questi monopoli.
Con la semplicità di un bambino che si è fatto carne, con la forza di un uomo che ha dato la vita per ciascuno di noi.