Betlemme e un «nuovo mondo economico», cioè alternativo

Il Natale cristiano e i due gruppi legati alla Natività. Se li osserviamo con gli occhi dell’economia e della modernità, sono amministratori e presidenti di organizzazioni. Ed ecco che cosa ci dicono.



L’adorazione dei magi e dei pastori è uno dei ritratti di famiglia del Natale tra i meglio e più frequentati dagli artisti di ogni secolo. Proviamo anche noi, molto più modestamente e solo con l’uso della parola, a soffermarci recuperando qualche suggestione natalizia per il mondo dell’economia e dell’impresa a cui queste pagine digitali abitualmente si rivolgono.

Oltre alla Sacra famiglia le presenze che la Scrittura segnala attorno a Gesù bambino sono fondamentalmente tre. Per primi gli angeli, cantori della gloria di Dio, e nel simbolismo letterario della Bibbia trasposto dagli artisti nelle più varie fogge, coloro che parlano in vece di Dio.

Gli angeli sono la parola di Dio che spiega, commenta, agisce, sottende.

Sono l’esegesi di quanto accade, il senso di quanto si vede, l’indicazione finale del motivo dell’azione di Dio.

Accanto a loro, o meglio come esito della loro presenza e dell’azione di Dio, troviamo due gruppi apparentemente molto distanti tra loro per classe sociale, per motivazioni e così diversamente codificati nell’interpretazione classica del quadro biblico.

I pastori da una parte ed i Magi dall’altra. Gli ignoranti ed i sapienti, i poveri ed i ricchi, i vicini ed i lontani.

A questa interpretazione, che abbraccia l’umanità nelle sue dimensioni più varie, se ne può accostare una seconda che la vita stessa di quel bambino in fasce ci autorizza a fare. Il pastore, nella predicazione di Gesù, non è tanto immagine del povero o del reietto, quanto piuttosto di colui che, propriamente, conduce il gregge. Il pastore è quello della pecora perduta, dei verdi pascoli, è il pastore buono e bello a cui Gesù associa la sua stessa missione. È colui che si fa carico, letteralmente, del gregge.

L’altro gruppo della natività è quello dei Magi, i sapienti che vengono dall’oriente i cui doni rivelano il censo, le possibilità, la posizione sociale. Nella loro misteriosità l’unico dato evidente è che sono uomini di rango e di potere, tanto da poter essere ricevuti subito dal re Erode, tanto da potersene infischiare dei suoi ordini e disposizioni tirando diritto per la strada del ritorno.

Quale aspetto in comune hanno dunque i pastori ed i Magi, radunati dagli angeli, scelti da Dio e convocati quali primi adoratori di Gesù fattosi carne? Sono persone che, in modo diversi, in scale diverse, decidono per altri, per altro. Gestiscono risorse, umane o naturali. Pastori e Magi, se li leggiamo con gli occhi dell’economia e della modernità, sono amministratori e presidenti di organizzazioni.

Non sembri una forzatura questa interpretazione.

Pur stando nella storia concreta in cui si dipana, la Scrittura è sempre metastorica, chiave di lettura e codice di ogni momento della storia, non in termini di imitazione di forme, ma di consegna di significato. Cristo sceglie come primi adoratori, come coloro che per primi debbono ispirarsi alla sua presenza, uomini che decidono per altri e di altro, uomini che si assumono responsabilità. Che hanno responsabilità.

Cristo si fa garante, e diventerà addirittura ostaggio sulla croce, di un nuovo modo di intendere la responsabilità.

Dio si consegna all’umano offrendo una nuova alleanza in cui Egli è primo garante di successo e di riuscita, di bontà delle scelte e di efficacia delle strategie.

Le domande su cui riflettere

Di quale meta stiamo parlando? Sono gli angeli ad annunciarla, proclamarla e consegnarla a nome di un Dio che, fattosi uomo, è ancora infante, senza parola. Pace in terra agli uomini di buona volontà. In tempo di guerra continua, di un linguaggio anche economico e sociale che continuamente fa ricorso ad un lessico bellico, possiamo immaginare che nei luoghi dell’economia, vi possa essere una conversione verso la pace, verso la collaborazione, la comunione e l’alleanza? Tutte le teorie economiche basata sulla lotta, sulla sopraffazione, sull’annientamento dell’altro, sono umane? Sono autentiche? Sono etiche? In definitiva che mondo ci hanno restituito?

Se fosse la pace la meta ultima e quindi ordinativa di coloro che hanno responsabilità di altro e di altri, piccole o grandi responsabilità, operative o gestionali, semplici o infinitamente complesse?

Il quadro di Natale ci offre qualche secondo di contemplazione di un mondo diverso, in cui le spade diventano vomeri, in cui il leoncello può vivere accanto al capretto. Credo che ognuno di noi sia stanco di uscire ogni giorno in battaglia.

Buon Natale e che sia pace sulla terra, anche grazie alle responsabilità che ti assumi ogni giorno.

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