Un’«agenda digitale» per la Chiesa

Vino Nuovo - L’agenda digitale è una espressione ormai frequentata in diversi ambienti: esiste una agenda nazionale, una europea, diverse aziendali, della pubblica amministrazione e via discorrendo. L’agenda digitale è un documento programmatico in cui un ente decide in modo cadenzato come adeguare la sua azione al mutato contesto sociale, politico, economico e soprattutto tecnologico.
La pandemia ha evidenziato l’urgenza dell’implementazione di tali “agende”, ha indicato le necessarie correzioni da apportare e palesato il bisogno essenziale di alcune tecnologie e la contemporanea necessità, per la tenuta democratica di un Paese, che esse siano il più possibile proprietarie, pubbliche, accessibili e diffuse. La medesima pandemia ha evidenziato quanto Giovanni XXIII disse all’inizio dell’assise conciliare: “Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanità sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa”.
Non sembri eccessivo scomodare la storia in questo momento che è seriamente storico. Nel cambiamento d’epoca segnalato a più riprese da papa Francesco si innesta quanto abbiamo vissuto e vivremo ancora a lungo che a buon diritto può essere definito uno stravolgimento d’epoca. In questo processo le tecnologie emergenti hanno avuto un ruolo chiave. La cultura digitale che già ampiamente determinava il nostro quotidiano è divenuta per diversi mesi di fatto egemone, o meglio egemoni sono divenuti i suoi strumenti che hanno forzatamente veicolato posture ed atteggiamenti sino alla nostra quotidianità di vita e certamente di fede. Lo sforzo fatto da tanti di mantenere vivo il legame con il popolo di Dio, l’utilizzo massivo di tecnologia digitale per continuare didattica e vita pastorale, l’implementazione di strumenti di intelligenza artificiale per la soluzione dei gravi problemi legati al virus ed i tanti e diversi punti di cui una lista si potrebbe arricchire, evidenziano una oggettiva carenza strutturale nella compagine ecclesiale.
Le questioni in gioco non sono immediatamente dottrinali, anche se in alcuni casi come alcune modalità liturgiche lo sono state, tuttavia abbracciano totalmente l’azione pastorale della Chiesa. Ben sappiamo che ciò che la Chiesa fa rivela chi essa sia e come la pastorale sia dunque l’atto rivelativo dell’intima natura della Chiesa e della sua missione. Nel contempo è del tutto evidente che la profezia della filosofia della comunicazione oggi si avvera: il medium è il messaggio. Per noi per cui il messaggio è fondativo ed il messaggero è unico mediatore, la questione si pone in modo serio. Lo avevano intuito i padri sinodali del Sinodo sui giovani laddove scrivono: «L’ambiente digitale rappresenta per la Chiesa una sfida su molteplici livelli; è imprescindibile quindi approfondire la conoscenza delle sue dinamiche e la sua portata dal punto di vista antropologico ed etico. Esso richiede non solo di abitarlo e di promuovere le sue potenzialità comunicative in vista dell’annuncio cristiano, ma anche di impregnare di Vangelo le sue culture e le sue dinamiche» (Documento finale del Sinodo dei Giovani, 145) e che «il Sinodo auspica che nella Chiesa si istituiscano ai livelli adeguati appositi Uffici o organismi per la cultura e l’evangelizzazione digitale, che, con l’imprescindibile contributo di giovani, promuovano l’azione e la riflessione ecclesiale in questo ambiente» (n. 146).
Urge una riflessione a più voci non legata semplicemente all’uso delle tecnologie per la comunicazione come i social media, ma anche rispetto alle altre tecnologie emergenti; soprattutto urge una riflessione di tipo pastorale e un adeguamento delle nostre conoscenze rispetto a vizi e virtù del digitale per non farne un uso imprudente. La teologia deve entrare con vigore in questi temi sia per offrire al mondo un punto di vista che possa fare luce, sia per offrire alla Chiesa basi solide su cui continuare ad andare sino a confini della terra, ad incontrare nella Galilea delle genti il Risorto! Urge un’agenda digitale ecclesiale che raduni le voci singole, i diversi enti che già stanno mettendo parola in uno spirito e lettera concretamente sinodali, senza barriere di uffici, competenze o ambiti specifici.
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