Un bell'articolo a firma di Gilberto Borghi e Fabio Colagrande su Vino Nuovo, illustra bene gioie e fatiche di un giovane confratello di Milano, don Alberto Ravagnani, che con coraggio prova sul web ad annunciare Gesù Cristo.
Come notano gli autori, tra i vari passaggi che condivido e dunque non riprendo, sono piovute più critiche che sostegno soprattutto da noi preti.
Vorrei rimediare ad una mancanza, mia, quello di non aver sostenuto pubblicamente don Alberto pur avendolo fatto privatamente ed in diverse occasioni.
Non voglio entrare nel merito dei suoi video, della portata teologica dei contenuti, dell'aderenza all'ortodossia e quant'altro. Perfino di frasi infelici, oggettivamente tali.
Voglio semplicemente dire grazie perché ci mette la faccia, letteralmente.
Se il Papa regnante chiede una Chiesa che sia ospedale da campo, una Chiesa che non abbia paura di ferirsi pur di avere l'odore delle pecore, una Chiesa che esca là dove l'uomo abita, cosa dovrebbe fare un prete se non provarci?
Scrivo il Papa regnante volutamente: personalmente faccio tanta fatica ad ascoltare chi deve citare sempre altro o altri rispetto al presente.
Don Alberto fa tutto bene? Non ne ho idea, certamente no. Ma credo che questo non possa e non sia il tema.
Il tema è se nella trasformazione digitale ci crediamo o no alle promesse di Cristo.
Ci crediamo o no che si può camminare sulle acque?
Ci crediamo o no che nel nostro annaspare nella Storia Cristo ci accompagna?
Restando sulla spiaggia o sulla barca, a ripetere come un mantra frasi fatte, a citare il Magistero paro paro per paura di fare passi falsi, a parlare per collage di autori provati senza mai provare a fare l'autore il mondo affogherà senza di Lui e noi, sulla spiaggia, saremo ridicolmente asciutti ed a bocca asciutta.
A don Alberto io voglio bene, voglio il suo bene.
A lui ed a tutti quelli che ci provano.
Non stimo chi non pensa prima di parlare, chi parla al posto di pensare, chi pensa ma non parla mai.
Don Alberto per quello che capisco non fa nessuna di queste cose. Se anche le facesse gli vorrei bene, ma non lo stimerei. Invece, se ne farà poco immagino, gli voglio bene e lo stimo, certo che farà sempre meglio se insieme facciamo Chiesa e la smettiamo di essere setta. Al netto delle scemate che ogni tanto potrà dire, forte dei suoi freschi anni, di vita e di sacerdozio.