Di tutti, non solo dei giovani come comunemente avviene. La lingua, da sempre cartina di tornasole di una cultura, è uno degli specchi di questo cambiamento con l’introduzione non solo di molti neologismi, ma anche, se non soprattutto, l’addensarsi attorno a concetti proprio dell’ambito tecnico e tecnologico di significati e senso propri di altri domini.
Questa marcia veloce e queste connessioni profonde sono ben presenti ai lettori di queste note, che in modi differenti sono stati e saranno protagonisti di questo processo. Quanto questo significhi in termini di opportunità di mercato, sviluppo delle imprese, circolazione e mutazione aziendale ci è parimenti ben presente. Quanto vorrei qui condividere è un aspetto ulteriore che ha sempre fatto parte dell’impresa, ma mai come oggi è elemento decisivo.
Mi riferisco alla responsabilità ed alla opportunità straordinaria che oggi l’impresa tecnologica ha di incidere positivamente sulla società nel suo complesso, non semplicemente in termini di benessere economico, occupazione e sviluppo, ma in termini di sostrato culturale e, dunque, di quel benessere non meno importante, che è quello del senso, del significato, di ciò che non è numericamente apprezzabile, ma esistenzialmente decisivo. Forse decisivo nel senso più pieno del termine.
Lo sguardo credo che possa essere portato al di là della propria azienda, del proprio recinto e farsi più ampio, considerare come l’azione riverberi molto più in là del nostro parcheggio.
L’essere umano contemporaneo è frantumato, non più semplicemente liquido. Ha bisogno prima di tutto di essere ricomposto, di avere nuovi orizzonti di senso e significato che non possono essere un semplice aggiustamento di quanto ci ha preceduto.
La grande complessità del tempo presente non accetta soluzioni semplicistiche e richiede un guizzo in avanti dell’umano del suo proprio umano, compresa la sua dimensione trascendente. L’impresa può scegliere oggi di essere motore di una cultura che accompagni l’umano a non essere semplicemente funzione di un mercato, performante in ciò che fa, efficiente nel suo porsi al lavoro.
Ma umano, autenticamente umano ove il fare è in ultima analisi in funzione dell’essere e non dell’apparire. Un umano che non aspira a raccontarsi su LinkedIn, ma ad essere ricordato dalla sua famiglia, dai suoi collaboratori e colleghi. Un umano che è stimato perché, appunto, umano. Abbiamo imprenditori così tanto visionari da comprendere che ciò che vale non sempre si può mettere a bilancio?