“Il mondo digitalizzato è un luogo teofanico perché è la realtà di oggi,
dunque è il luogo in cui ascoltare il Signore che chiama, scoprire la
nostra identità personale misurandoci con la realtà e lavorando in essa.
La realtà digitale, la rivoluzione digitale è il luogo in cui educarci
ed educare all’uso della libertà, a sapere cosa significa essere
responsabile e dunque a poter dare una risposta alla chiamata del
Signore”.
Lo ha affermato questa mattina don Luca Peyron, incaricato
della pastorale universitaria dell’arcidiocesi di Torino intervenendo al
convegno nazionale vocazionale “Come se vedessero l’invisibile” in
corso a Roma per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la pastorale
delle vocazioni della Cei. Parlando di “Incarnazione digitale”, il
sacerdote è partito dalla frase evangelica “Lascia le tue reti, vieni e
seguimi” sottolineando che questo è “un atteggiamento che possiamo
assumere di fronte alla rivoluzione digitale, in qualche modo un
rifiuto” perché rischiamo di “farci trasportare dalla paura di non
capire bene di cosa stiamo parlando”. “Siamo migranti digitali mentre i
giovani sono nativi digitali”, ha proseguito richiamando a fare
attenzione rispetto a due estremi il “concordismo” e il “luddismo” verso
il mondo digitale.
E se “siamo portati più a criticare, a segnalare dei
pericoli”, don Peyron ha mostrato quale cambiamento abbia portato la
rivoluzione digitale rispetto a diversi concetti come l’identità, le
relazioni la società, l’essere umano stesso, la responsabilità.
Ma se
alcune cose ci intimoriscono, don Peyron ha sottolineato che “il
progresso e lo sviluppo sono strumenti di vocazione, sono la nostra
vocazione”.
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