Week end della Scienza 2023 - L'uomo, la vita, l'universo

Week end della Scienza 2023 15 - 17 settembre 2023



Programma:

15/9 ore 21.00 Conferenza "L'Universo racconta: vita e misteri del cosmo". 
Interverranno: don Luca Peyron e Federico Manzini - presso ex Sala Consiliare, via Magenta n. 25;

16 e 17/9 Mostre a tema dalle ore 15.00 alle ore 18.00 - presso lo Spazio Espositivo di Villa Brentano (1° piano);

16/9 dalle ore 20.30 alle ore 23.30 Osservazione del cielo con i telescopi - presso la scuola Mentasti, piazzale Partigiani d'Italia, (in caso di maltempo l'osservazione sarà rimandata a domenica).

La manifestazione è organizzata dal Gruppo di Ricerca Storica di Busto Garolfo, con il patrocinio del Comune di Busto Garolfo e con la collaborazione del Circolo Astrofili Trezzano.

Evento gratuito

Il corpo, la fede, la tecnologia: l’Assunta “sfida” il cyborg

 

La tentazione transumanista vede nell’innesto tra essere umano e macchina una promessa di immortalità. Maria Assunta è invece il segno che non ci può essere spiritualità che svaluti il corpo



Ricordate l’albero della vita, quello posto al centro di Eden? Vi è qualcuno, più di uno, che tenta nuovamente di mettervi mano. Nuovamente l’umano è attraversato dalla tentazione di essere immortale da solo, senza Dio, senza un Dio. Ed eleva questo suo tentativo a spiritualità, talora desumendone gli assunti perfino dalla spiritualità cristiana. È la tentazione transumanista, che vede nell’innesto tra essere umano e macchina, o tra macchina ed essere umano, la frontiera dell’umanità nuova, una promessa tecnica di immortalità possibile.

Tocca alla nuova Eva, che abbiamo celebrato nel giorno dell’Assunta, segnare ancora una volta la strada del ritorno al cuore di Dio. Il dogma dell’assunzione, come ogni dogma nella Chiesa, presidia la fede, dei semplici e non solo, ma è anche sorgente inesauribile di riflessione e di ispirazione per interpretare il tempo presente, il tratto della storia che siamo chiamati ad abitare. Nell’assunzione di Maria ritroviamo la divinità di Cristo declinata nella finitezza creaturale di Maria che è quella di ciascuno di noi, che è quella della storia nel suo insieme capace di diventare dunque profezia, promessa, opportunità o tragicamente sconfitta.

La donna che viene assunta in Cielo è la cifra secondo la quale non vi può essere alcuna spiritualità cristiana che non tenga ben presente il corpo con le sue istanze, debolezze, fragilità e grandezza. Nello stesso tempo essa è la cifra secondo la qualche nessuna corporeità ha davvero senso se non è orientata a un fine ultimo e ultimativo che non sia squisitamente spirituale, trascendente e mistico.

Nella condizione digitale e macchinica che abitiamo, l’assunzione di Maria ci dona e nuovamente rivela una verità necessaria: non è la tecnica che donerà immortalità al corpo ma solamente l’apertura del corpo all’essere abitato dallo Spirito, nella fede, che può garantire tale immortalità e, alla fine dei tempi, una qualche forma di incorruttibilità che sarà compimento e coronamento alla nostra aspirazione alla relazione totalizzante con Dio e con gli altri.

In altre parole, una spiritualità cyborg che auspica che il corpo sia innestato nella macchina, o viceversa, al fine di raggiungere una ulteriore dimensione umana, una evoluzione che avvicini l’umano al divino, sconfiggendo la morte, non è cristianamente accettabile. Non perché la meta sia sbagliata ma perché il modo di raggiungerla è incoerente e la meta stessa – così come proposta dalla tecnica – è falsa. Non vi è dubbio che la tecnica sia una piena espressione dell’umano e del suo specifico e, come tale, sia un dono particolare che la nostra natura ha ricevuto, sino a poter affermare che specialmente nella tecnica l’essere umano si dimostra gigante, figlio prediletto del Padre.

Con la tecnica l’umano deve combattere per avere una vita migliore, per prendersi cura del corpo, guarirlo, curarlo. Tuttavia esiste una questione fondamentale che non può essere annullata. Maria è assunta in cielo perché ha terminato il corso della sua vita terrena. Questo transito è, per quanto possa sembrare paradossale, l’inizio dell’immortalità anche corporea, pur nelle diverse tempistiche rispetto all’Assunta. Il nostro desiderio di immortalità non è una illusione, una tentazione, un esercizio dialettico o poetico. È un desiderio sano e santo, che non è perseguibile però in qualunque modo: per ciascuno di noi deve passare dalla morte. Quindi perché dovremmo preferire la via di Maria a quella della tecnica? Perché attraverso la morte si apre la comunione con Dio e con coloro che ci hanno preceduti. Attraverso la tecnica, ammesso che un giorno mantenga ciò che promette – fatto per nulla scontato, e in ogni caso non sappiamo a quale prezzo –, non si apre nulla di nuovo: permane semplicemente l’attuale. Con i suoi dolori, le sue ingiustizie, le sue assenze. Le sue presenze ma in forme velate, analogiche, simboliche, anche sacramentali ma del tutto imparagonabili al vedere faccia a faccia.

L’unico che sconfigge l’angelo della morte è il sangue dell’Agnello da cui Maria ha tratto ogni sua delizia. E noi con lei, in questo passaggio tra tempo ed eternità. Pur non comprendendo tutto, ma sapendo di poterlo custodire nel nostro cuore affinché porti frutto.

Qui il post originale

#pantarei404 l’universo in una stanza. Sesta edizione del festival dell’innovazione

 Sabato 16 Settembre presso Auditorium Varco, Cuneo

al Festival dell’Innovazione 2023 affronteremo il dialogo tra la tecnologia e l’etica.

Evento gratuito con prenotazione obbligatoria



Tecnologia ed etica possono essere in relazione tra loro?
Sono elementi in contrasto o possono andare di pari passo?
Dove finisce una e dove inizia l’altra?

Ne parleremo con i nostri ospiti e insieme a voi per toccare con un dito "l’universo in una stanza"

PROGRAMMA


• 8.45: Accrediti & welcome coffee
• 9.15: Saluti istituzionali
• 9.30: Katia Colucci
Head of Innovation Lab at SISAL con “L’ Etica della sostenibilità”
• 9.55Massimo Canducci
Chief Innovation Officer di Engineering SpA con “La bussola dell’Innovazione”
• 10.15Emanuela Girardi
Founder of POP.AI con “Algo-Intelligenze”
• 10.40Hector Gonzalez
Full Professor in Marketing; Research Director/Representative at ESCP Business School con “The Coming Wave of Social Robots – Ethical Challenges” (Intervento in Inglese)
• 11:05Don Luca Peyron
Giurista, Teologo e Sacerdote diocesano con “Imparare dalle stelle”
• 11.30Marina Geymonat
Enterprise Data, AI and Analytics at CAPGEMINI con “Un futuro Dato”
• 11.55Simona Ruffino
Brand strategist e neurobrand specialist con “Neuromarketing: una sfida sempre più intelligente”
• 12.10Stefano DeNicolai
Full Professor of Innovation Management UNIPAVIA con “Etica ‘trasformativa’ come leva per cambiamenti epocali”
• 12.35: saluti finali
• 12.45: Pranzo* di networking presso l’ Open Baladin (posti riservati ai primi 100 iscritti)

Qui per la registrazione gratuita


Papa Francesco arruola l'intelligenza artificiale come strumento di pace

 

Il messaggio per la giornata del primo gennaio dedicato all'Ai che è quanto più di nuovo e radicale investe il tempo che viviamo. Bergoglio sollecita un dialogo su queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e effetti ambivalenti. E punta sui giovani: hanno cambiato la sensibilità sull'inquinamento, possono incidere sui destini delle macchine che popolano il nostro quotidiano.



I progressi nel campo dell’intelligenza artificiale hanno «un impatto sempre più profondo sull’attività umana, sulla vita personale e sociale, sulla politica e l’economia» e per questo il tema del messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale della pace del primo gennaio 2024 avrà per titolo “Intelligenza artificiale e pace”. Lo ha annunciato nei giorni scorsi il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale della Santa Sede.

Il primo di gennaio la Chiesa Cattolica celebra la solennità di Maria Madre di Dio, ma per volere di Paolo VI, che ne specifica le ragioni con un messaggio datato 8 dicembre 1967, in quel medesimo giorno, il primo di ogni anno civile, la: «Chiesa cattolica, con intenzione di servizio e di esempio, vuole semplicemente "lanciare l'idea", nella speranza ch'essa raccolga non solo il più largo consenso del mondo civile, ma che tale idea trovi dappertutto promotori molteplici, abili e validi a imprimere nella "Giornata della Pace", da celebrarsi alle calende d'ogni anno nuovo, quel sincero e forte carattere d'umanità cosciente e redenta dai suoi tristi e fatali conflitti bellici, che sappia dare alla storia del mondo un più felice svolgimento ordinato e civile». Continua Paolo VI: «La pace si fonda soggettivamente sopra un nuovo spirito, che deve animare la convivenza dei Popoli, una nuova mentalità circa l'uomo ed i suoi doveri ed i suoi destini».

Nella scia di Paolo VI

Nel proporre come tema della prossima giornata l’intelligenza artificiale, Bergoglio si pone dunque in linea con le intenzioni del suo successore. L’AI è quanto di più nuovo e radicale investe il tempo che viviamo. Papa Francesco, si legge nel comunicato del Dicastero, «sollecita un dialogo aperto sul significato di queste nuove tecnologie, dotate di potenzialità dirompenti e di effetti ambivalenti”, richiamando, “la necessità di vigilare e di operare affinché non attecchisca una logica di violenza e di discriminazione nel produrre e nell’usare tali dispositivi, a spese dei più fragili e degli esclusi: ingiustizia e disuguaglianze alimentano conflitti e antagonismi».

L’urgenza, è quindi quella«di orientare la concezione e l’utilizzo delle intelligenze artificiali in modo responsabile, perché siano al servizio dell’umanità e della protezione della nostra casa comune», con l’esigenza di estendere questa riflessione etica «all’ambito dell’educazione e del diritto». «La tutela della dignità della persona e la cura per una fraternità effettivamente aperta all’intera famiglia umana», infatti, «sono condizioni imprescindibili perché lo sviluppo tecnologico possa contribuire alla promozione della giustizia e della pace nel mondo».

Un raccordo con Lisbona

Vorrei sottolineare un raccordo importante tra queste parole e quelle con cui Francesco ha commentato la Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi pochi giorni fa a Lisbona:«La Gmg ha mostrato a tutti che è possibile un altro mondo: un mondo di fratelli e sorelle, dove le bandiere di tutti i popoli sventolano insieme, una accanto all’altra, senza odio, senza paura, senza chiusure, senza armi! Il messaggio dei giovani è stato chiaro: lo ascolteranno i “grandi della terra”? Mi domando, ascolteranno questo entusiasmo giovanile che vuole pace? È una parabola per il nostro tempo, e ancora oggi Gesù dice: “Chi ha orecchie, ascolti! Chi ha occhi, guardi!”. Speriamo che tutto il mondo ascolti questa Giornata della Gioventù e guardi questa bellezza dei giovani andando avanti». Qui credo, stia il punto. Auspicare una AI a misura d’uomo, strumento di pace e non di guerra, nelle tante forme in cui essa si combatte, rischia di essere un utopico e forse flebile auspicio. Gli interessi economici in gioco sono tali e tanti che difficilmente un discorso li può spostare.

Ma la speranza nasce dalle nuove generazioni. Dai giovani. Se qualche cosa è davvero cambiato nella sensibilità comune sull’inquinamento, e ben sappiamo quali interessi ci sono sugli idrocarburi, lo si deve ai giovani. Allo stesso modo credo che affidare a loro la pace come ha fatto Francesco significhi anche a loro affidare i destini dell’intelligenza artificiale, del suo uso, dei suoi pregi e dei suoi grandi difetti. Una tecnologia giovane in mano a giovani dal cuore aperto e vivo, ancorati a valori che non siano solo il profitto, ma anche il comune destino di questo pianeta. Delle sue foreste così come delle macchine che popolano il nostro quotidiano.

Qui il post originale

I cieli e le stelle come strada per la Fede nella notte di San Lorenzo

 Don Luca Peyron: la scienza spiegata con la fede e la fede spiegata con la scienza



‘Cieli sereni’ di don Luca Peyron è un percorso che incrocia la luce che viene dal passato remoto della formazione cosmica e la luce che viene dal futuro, inaugurato dalla resurrezione di Cristo. Nell’intreccio di queste luci avviene un incontro di brillante bellezza, di fulgore naturale e soprannaturale.

Questo non è un libro scientifico, ma uno scienziato potrebbe scoprire quanto possa essere serio ciò che non è solo scienza. Questo non è un libro per astronomi, ma un astronomo potrebbe scoprire quanto possa essere preciso il suo rapporto con Dio. Questo non è un libro per credenti, ma un credente potrebbe scoprire quanto possa essere bello fare un po’ di scienza dal proprio balcone. Questo insomma, non è un libro per qualcuno in particolare, forse per questo può essere un libro per chiunque, che voglia aprire la finestra di casa e guardare in su, o la finestra del proprio cuore e guardarci davvero dentro.

In questo libro, l’autore, sacerdote della diocesi di Torino, spiega al lettore come ha scoperto Gesù anche grazie alla bellezza del firmamento, osservando galassie e stelle. L’osservazione del cielo profondo diventa una esperienza  di fede che la alimenta e la rinvigorisce. La ricerca del nero del cielo notturno diventa motivo per arricchire di luci e colori la vita.

A don Luca Peyron, direttore della Pastorale universitaria torinese e piemontese e coordinatore del ‘Servizio per l’apostolato digitale’, ‘Faculty Fellow’ del Centro Nexa del Politecnico di Torino e membro del Consiglio scientifico dello ‘Humane Technology Lab’ dell’Università Cattolica di Milano, abbiamo chiesto di spiegarci il titolo del libro ‘Cieli Sereni’:

“Cieli Sereni è una espressione gergale con la quale si salutano abitualmente gli astrofili, coloro che in modo amatoriale scrutano il cielo notturno. E’ modo di dire che, in italiano, ha un doppio valore. Cieli privi di nuvole e, dunque, osservabili e cieli che donano serenità, o se si vuole una interiorità serena. In altre lingue, ad esempio in inglese, il saluto non ha lo stesso valore: ‘clear skyes’, cieli puliti. Nel momento in cui si è scelto con l’editore il titolo del libro è stato facile convergere su cieli sereni dunque”.

Come è possibile trovare Gesù seguendo le stelle?

“Maestri in tal senso son certamente i Magi che guidati da una stella hanno trovato il Figlio di Dio. Molto più modestamente il libro è il diario dei miei inizi come astrofilo, gli errori, le sconfitte, le scoperte e le gioie lette in chiave credente. Dunque non solo quanto posso avere visto ed imparato usando un telescopio, ma quanto tutto questo è potuto risuonare nel mio cuore ed aiutarmi ad avvicinarmi al Signore, sentirmi amato, cercato, accolto e custodito.

Questo libro nasce come testimonianza di questo percorso nella speranza che anche per altri, che vivano l’esperienza dell’osservazione del cielo profondo, che l’abbiamo vissuta o che non la vivranno mai se non attraverso le mie parole possano comunque scoprire alla fine Gesù, di più, meglio, per la prima volta. Così scrive un astrofilo in un gruppo di cui faccio parte commentando il libro: Mai letto un inno all’amore in generale e poi in particolare per l'astronomia e per Dio, che viaggiano su piani paralleli e spesso si incrociano e si fondono.

E’ un libro per tutti, anche per chi vuole provare a capire cosa sente chi ha fede profonda. Che come tutti i sentimenti profondi è sempre molto misteriosa. Ho tre libri da leggere prima della nanna sul comodino ed uno è ‘Cieli Sereni’ (che ha scalzato gli altri due)”.

Personalmente come ha ‘scoperto’ Gesù?

“In famiglia e poi da giovane seguendo una via piuttosto ordinaria. In seminario la scoperta è stata però più piena, totalizzante, grazie alla teologia e la testimonianza di fede dei miei compagni. Infine nel ministero ogni giorno mi sento amato e custodito nella misura in cui a nome Suo provo ad amare e custodire le persone che incontro e che mi sono affidate. Posso dire che il Suo amore lo percepisco in tutta la sua bellezza proprio quando è condiviso con altri, riverbera nella loro vita, nelle loro storie. Cieli Sereni è un modo per me per ringraziare di quell’amore e continuare a condividerlo con ogni mezzo possibile”.

Allora fede e scienza non sono in antitesi?

“Esattamente all’opposto. La scienza ci prende per mano e ci mostra il cosmo, cioè che vi è un ordine nelle cose ed una bellezza. La fede ci rivela l’Autore di tale bellezza ed i motivi per cui essa ci è data”.

In quale modo è possibile scorgere la presenza di Dio nell’universo, come ha scritto Theilard de Chardin?

“Nella mia esperienza del cielo, delle nebulose, stelle galassie passando da un cielo nero alla scoperta di un cielo ricco e colorato. Dal grigio della città alla luminescenza dei pianeti e delle costellazioni. Un affresco meraviglioso in cui tutti dice ti amo, in cui la luce parte milioni di anni fa e giunge oggi all’oculare del telescopio per dirmi, per dirti: ti aspettavo.

Prendo a prestito ancora una volta uno dei commenti lasciati da un lettore su di una piattaforma: Leggendo questo libro mi sono sentito dopo tanti anni in contatto con quella parte di me che si interroga sull’assoluto. Non ho un telescopio ma questo non mi ha impedito di fare un viaggio avventuroso nello spazio e scoprire una bellezza che non sapevo esistesse”.


Qui il post originale

Riprendiamo in mano la nostra umanità

 Luca Peyron (Torino, 1973), giurista e teologo. Dirige la Pastorale Universitaria Regionale, coordina il servizio l’Apostolato Digitale, uno dei primi servizi a livello globale della Chiesa Cattolica che si occupa del rapporto tra digitale e fede in stretta collaborazione con il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. È docente di Teologia presso l’Università Cattolica e presso l’Istituto Universitario Salesiano di Torino, Faculty Fellow del Centro Nexa del Politecnico di Torino, socio dell’Internet Society e membro del Consiglio Scientifico dello Humane Technology Lab dell’Università Cattolica. Don Peyron è forse una delle figure più adatte oggi per disegnare i contorni di un argomento che spesso può sembrare controverso e non facile da affrontare: l’AI; specie se rapportato all’etica o alla religione. Lo ha intervistato per noi Francesca Ranza, torinese, avvocato operante nel campo del diritto civile, con particolare riguardo alle realtà aziendali e alla loro evoluzione.

L’intelligenza artificiale farà parte del nostro quotidiano (lo è già magari)?

«L’intelligenza artificiale e le tecnologie cosiddette emergenti sono parte del nostro quotidiano già da diverso tempo. Pensiamo ai trasporti, alla sanità, a tutto ciò che è comunicazione, dalla telefonia, al web, ai social. La prossima frontiera, che è già qui, sarà il comparto bancario e assicurativo, e quella ancora dopo il trattamento e l’estrazione di valore dalla mole enorme di dati che verranno da tutti i dispositivi connessi tra loro che governano e governeranno la nostra quotidianità; come sensori di ogni tipo, regolatori dell’uso energetico nelle nostre case e oltre. Quanto è accaduto per la scrittura, per la macchina a vapore e per l’elettricità, sta accadendo con l’intelligenza artificiale. Non potremmo pensare a un mondo che non la contempli. Con cambiamenti epocali sotto tutti i punti di vista. In positivo, maggiori risorse e potenzialità, e in negativo, questioni sociali, antropologiche, economiche ed etiche del tutto inedite».

Hai detto che il carico etico-valoriale nel disegnare AI è fondamentale, anzi indispensabile, specie nell’ottica di un successo imprenditoriale. Perché?

«L’etica non è forma, un vezzo, un fiocchetto che se si ha la possibilità di aggiungere al pacco; aiuta, ma l’importante è il pacco e il suo contenuto. L’etica non è quella cosa noiosa che si aggiunge per fare i perfettini e quelli a modino. L’etica, almeno così la si può intendere, è ciò che regola i nostri desideri. Il desiderio è uno dei motori più potenti del nostro agire, soprattutto del nostro agire umano che non è fatto solo di bisogni, primari o di altro genere. L’etica è il volante con cui noi indirizziamo il nostro esistere verso la meta che riteniamo bella, vera, umana. Se l’intelligenza artificiale è il potente motore che la contemporaneità ci consegna, esso, tanto più è potente, tanto più deve essere indirizzato in modo proprio se non vogliamo che ci porti a sbattere in modo drammatico contro il muro della storia. Chi prima comprende che questi temi sono decisivi nel modello imprenditoriale, prima potrà offrire dei prodotti e servizi che siano accettabili dai consumatori che, auspicabilmente, cominceranno a scegliere non solo in base all’efficienza di un sistema, ma anche alla capacità di quel sistema di stare nel proprio mondo secondo i valori e i fini che il consumatore reputa importanti. Faccio un esempio: una bambola, una macchinina, i giochi delle costruzioni della nostra infanzia dovevano avere solo delle caratteristiche produttive di non nocività. Non dovevano rompersi, non dovevano avere vernici tossiche, o pezzi troppo piccoli da essere ingeriti se destinati a infanti. Domani i nostri figli e nipoti avranno, e cominciano già ad avere, giocattoli che parlano, ascoltano, dialogano, consigliano. Dovranno avere come caratteristica primaria quella di non avvelenare il cuore e il cervello dei bambini, più che lo stomaco. Etica nella tecnologia è questo. Un oggetto che interagisce con me per accompagnarmi dove voglio, non dove lui ha deciso. Accompagnarmi ad essere pienamente me stesso. Deve servire, non asservire».

Dunque l’etica quale strumento fondamentale a sostegno della governance delle tecnologie, per indicare per l’appunto la strada eticamente più sostenibile e più giusta. In un’intervista per la RAI ti sei definito un “uomo felice”. Si potrebbe pensare che l’AI non tenda, come dire, a privilegiare i sorrisi, e ciò ci ricorda quanto sia fondamentale la felicità, prendersene cura e anche rappresentarla.

«La felicità per me è data dall’essere pienamente chi sono, dallo scoprire ogni giorno la mia vocazione in senso spirituale ma anche semplicemente umano, esistenziale, ed accoglierla, farla fiorire. Possibilmente con gli altri, per gli altri. La macchina non comprende queste questioni, non può farlo perché semplicemente non ha contezza della realtà perché può solo misurarla, replicarla, formattarla. Ma non ne comprende il senso. La macchina non pensa, anche se la diciamo intelligente, calcola. Di qui nasce la considerazione che la macchina non può sapere cosa sia la felicità quindi non è alla macchina che possiamo chiedere un consiglio o farci prendere per mano verso la felicità. La felicità è una questione umana, nostra. Una meravigliosa quanto faticosa responsabilità. Essa vale perché costa. Non si può appaltarla a terzi, men che meno a una macchina. L’intelligenza artificiale può aiutarci a togliere fatica al nostro quotidiano, mettere insieme ciò che non avevamo visto e farci scoprire delle connessioni, impedirci di affogare nei dati. Ci restituisce così tempo e forze. Da investire nello scoprire noi stessi, gli altri, la nostra dimensione trascendente. Scoprire e realizzare la nostra vocazione, se mi è permesso usare un termine più mio, teologico».

Ecco, si è passato molto tempo a evidenziare cosa l’AI ci avrebbe “sottratto”, senza considerare le grandi possibilità, dirette e indirette, di approfondimento umano che ci offre. Perché succede?

«L’AI fa paura perché è difficile da comprendere, persino da chi la progetta. I non addetti ai lavori oggi sono costretti per capirla a fare ricorso alle narrazioni dei film distopici e sono spaventati da molti articoli sensazionalistici. Credo che sia giunto il momento di prendere tutti coscienza che la questione è così decisiva che non si può più essere superficiali. Chi ne parla deve fare servizio pubblico con cognizione di causa e non rincorrendo la pancia del lettore o del consumatore. L’AI ci aiuta, prima di tutto, a riprendere in mano una questione di fondo che abbiamo tutti lasciato da parte per troppo tempo e che i giovani, con la forza e la delicatezza della loro età, ci chiedono di assumere nuovamente. Il bene comune, l’essere una comunità di destino su questo pianeta, che, come dicono loro, non ha un piano b. L’intelligenza artificiale ci può spingere oggi a ripensare cosa sia intelligenza, i cambiamenti che produce, a valorizzare un sistema scolastico che aiuti ad avere un pensiero creativo e laterale che la macchina non ha, la capacità di calcolo a restituirci tutto il valore di quanto non può essere calcolato, come la bellezza, l’amore, la fiducia, la generosità. La macchina fa cose non propriamente umane, aiutandoci a riprendere in mano il nostro proprio umano. Tutto può accadere, però, se ci assumiamo di nuovo la responsabilità dell’altro, della sua educazione, della sua crescita, della sua conoscenza. Smettendo di anteporre il fatturato a tutto il resto, le cose alle persone, i poteri alle relazioni. La macchina funziona, noi possiamo serenamente smettere di pensare di essere una macchina e di fare delle nostre funzioni il fine ultimo dell’agire».

Hai avuto un ruolo importante nella prima missione spaziale nella storia della Chiesa, Spei Satelles, che ha coinvolto il Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, l’Agenzia Spaziale Italiana, il CNR, lo IUSVE di Venezia e il nostro Politecnico di Torino. Perché una missione spaziale del Papa?

«Per dire che la speranza, spei satelles significa in latino “custode della speranza”, nasce dal fare insieme, dall’andare oltre la difficoltà, dall’usare la tecnica per la pace e la concordia, per dire che scienza e fede non sono nemiche. Per ricordare al mondo che la tecnica è motore di speranza e non di divisione, frattura, ingiustizia, solo nella misura in cui crea inclusione, fratellanza, cura, attenzione. Spei Satelles è stato costruito soprattutto da giovani, è stata una scelta mirata. È giovane non solo chi ha l’età per dirlo, ma chi ha il cuore che non smette di battere di passione per l’umano, chiunque sia, ovunque sia, solo perché esiste, perché è umano e vive in un mondo che deve custodire perché all’umano è affidato».

Qui il post originale