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Cara business community, impara ad ascoltare i giovani

 Dopo gli ultimi episodi di cronaca un appello accorato per una cultura di impresa che riprenda per quanto possibile la tradizione “familiare” e “sartoriale” delle relazioni aziendali italiane.



Il vuoto. Ancora una volta. Diana ha scelto il vuoto alle spiegazioni per una laurea ritardata, con solo un esame ancora da sostenere. Sono un cappellano universitario ed ho celebrato già troppi funerali con lo stesso canovaccio.

Anni fa, la mamma di una ragazza che fece la stessa tragica scelta di Diana, mi disse tra le lacrime che mai avrebbe pensato di andare dal fiorista e chiedere che le cambiasse la corona della laurea con il cuscino da mettere sul feretro di sua figlia.

La morte tragica ci interroga. E noi tentiamo delle risposte. Tra sociologia, economia e psicologia. Più raramente spiritualità, purtroppo. Ne scriviamo, e loro continuano a scegliere il vuoto. Competizione esasperata ed esasperante, sistema educativo ed economico, famiglia e società, perdita dei valori, turbocapitalismo, vetero comunismo.

Colpevoli cercasi

Questo mi pare il primo punto. Un tempo che si diletta nel cercare colpevoli e non soluzioni, non può che dire a chi ci nasce guardati dal non essere colpevole perché non avrei soluzioni da offrirti. Ma molti patiboli.

Se ti butti di sotto accade perché nessuno ti ha trattenuto dal farlo. Ci si butta da soli. Questo mi pare un secondo punto. La solitudine di una generazione figlia di una generazione che ha fatto dell’essere soli, del far da soli e del vivere da soli motivo di vanto e di conquista.  È vero che si muore comunque da soli, ma è vero che non si può venire al mondo che in compagnia. E per voler stare in questo mondo il più a lungo possibile una compagnia è biologicamente necessaria.

La condizione digitale ci regala mille occasioni di connessione, ma quante di socializzazione? Il fluire del tempo su di uno schermo, quante tracce di vita e di desiderio di incontro concreto e reale costruisce?

La questione non è tecnica, ma culturale. Se fisiologicamente un giovane cerca socialità è altresì vero che la cerca e la esperisce nelle forme culturali del suo tempo, che il suo tempo gli offre. Se la socialità che essi conoscono fa a meno del corpo, è schermata e renderizzata, filtrata e cosmetica, possiamo chiamarla ancora socialità? Possiamo, soprattutto, pensare che sia la socialità che, fisiologicamente, necessita loro?

Decenni di cultura prodiga di consigli su come prevaricare la natura, non ad amministrarla, portano frutti avvelenati e per giunta opportunamente mimetizzati da una sensibilità ecologica che i giovani hanno, ma che i vecchi rischiano di sbandierare e non applicare.

Perché scriverne su questa testata?

Sono convinto che in questa temperie culturale la cultura di impresa e quella generata nel mondo economico, abbiano uno spazio ed un riflesso sulla società più significativo di altre “agenzie” culturali come la politica o il mondo dell’educazione. Oggi mission e vision delle imprese condizionano le agende delle nazioni e il sentire delle persone.

Di qui la condivisione, anche in forma di appello, per una cultura di impresa che riprenda per quanto possibile la tradizione “familiare” e “sartoriale” delle relazioni aziendali italiane. Forse un po’ paternalistiche nel passato, ma anche paterne e materne in molti frangenti. Ricominciare a chiedere ai nostri giovani come stanno e non solo cosa sanno fare o cosa hanno fatto, è una necessità di salute pubblica essenziale in questo tempo.

Valorizzare la socialità in presenza, l’intergenerazionalità informale, la condivisione dei saperi e della vita è un benefit aziendale difficile da mettere in bilancio, ma ineludibile per la tenuta sociale ed il benessere delle nazioni e delle famiglie. Non è necessario formalizzare tutto, medicalizzare ogni aspetto del vivere, men che meno professionalizzare e terziarizzare tutto questo. Meno linee guida e più personalità che guidino possono in parte riempire il vuoto che sta inghiottendo una generazione.

E in ultimo, ma non ultimo, anzi basilare, è necessario permettere che il senso religioso che abita l’umano possa avere quartiere senza quei laicismi che sterilizzano ogni forma trascendente lasciandoci solo macerie immanenti.

Senza il senso di un oltre, religioso o filosofico che sia, l’umano perde se stesso ed il suo nucleo più propriamente umano.

Lavoriamo insieme con rinnovato amore affinché Diana domani non si butti più nel vuoto, ma tra le braccia di chi le ha chiesto ogni giorno come stai. Restando disponibile ad ascoltare la risposta, qualunque essa fosse.

Qui post originale

Comunicazioni sociali: Facoltà teologica Italia settentrionale sez. Torino, al via sabato un corso di alta formazione

Prenderà il via sabato 4 marzo il “Corso di alta formazione in comunicazioni sociali” organizzato dal ciclo di specializzazione in Teologia morale sociale della Facoltà teologica di Torino in collaborazione con la Commissione per le Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale di Piemonte e Valle d’Aosta, la delegazione interregionale della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), il Polo Teologico torinese e l’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) del Piemonte. Il percorso formativo si svolgerà a Torino in nove incontri, sempre al venerdì pomeriggio (ore 15-19) o al sabato mattina (ore 9-13), in via XX Settembre 83 (in presenza oppure on line, a scelta del partecipante). Tra i docenti ci saranno don Fabrizio Casazza, Chiara Genisio, Massimo Giannini, Alessandro Ginotta, Francesco Ognibene, don Luca Peyron, Franco Pizzetti, Alberto Riccadonna, don Stefano Stimamiglio, Marco Tarquinio e Vincenzo Varagona.

Il corso è rivolto a giornalisti, operatori della comunicazione, docenti, teologi, sacerdoti, diaconi e religiose/i, giuristi e avvocati, amministratori pubblici e uditori interessati ad approfondire le tematiche proposte. Il corso è gratuito per i giornalisti iscritti all’Ordine; verrà richiesto all’Ordine dei giornalisti l’accreditamento dei singoli incontri in presenza per la concessione di crediti formativi per la formazione continua.

Corso di alta formazione in comunicazioni sociali

Torino, dal 4 marzo al 10 giugno 2023 



IL CORSO E’ RIVOLTO A:

– Giornalisti
– Operatori della comunicazione
– Docenti
– Teologi, sacerdoti, diaconi e religiose\i
– Giuristi e Avvocati
– Amministratori pubblici
– Uditori interessati ad approfondire tali tematiche

OBIETTIVI DEL CORSO:

In un contesto pesantemente segnato dalle trasformazioni indotte dalla crisi sanitaria e dalle difficoltà economiche il Corso vuole offrire un percorso di riflessione sull’importanza delle comunicazioni sociali, affrontandone i nodi critici in maniera interdisciplinare. La presenza nel corpo docente di giornalisti, teologi, storici, medici, sociologi, giuristi, assicura lo sguardo poliedrico con cui si vuole
articolare un percorso che porti all’elaborazione di un pensiero strutturato e all’indicazione di buone prassi etiche.
La cornice del Ciclo di Specializzazione in Teologia morale con indirizzo sociale della sezione torinese della Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale assicura ad alto livello il rigore scientifico, il dibattito
culturale e la qualificazione accademica del corso.

CORSO DI ALTA FORMAZIONE IN COMUNICAZIONI SOCIALI
In collaborazione con
Comunicazioni Sociali della Conferenza Episccopale Piemontese
Federazione Italiana Settimanali Cattolici – delegazione interregionale
Polo Teologico Torinese
Unione Cattolica della Stampa Italiana, Piemonte
Patrocini richiesti
Regione Piemonte
Università degli Studi di Torino
Università degli Studi del Piemonte Orientale
Ministero dell’Istruzione e del Merito
Ufficio per la Pastorale della Cultura, della Scuola e dell’Università dell’Arcidiocesi di Torino

PROGRAMMA

1. Sabato 4 marzo 2023
BREVE STORIA DELL’INFORMAZIONE: DA GUTENBERG AL METAVERSO
2. Venerdì 24 marzo 2023
SOCIETÀ CONTEMPORANEA. COMUNICARE NELL’ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE
3. Sabato 25 marzo 2023
IL RUOLO PUBBLICO DEI MEDIA NELL’INFOSFERA. QUARTO O PRIMO POTERE?
4. Venerdì 14 aprile 2023
LIBERTÀ E RESPONSABILITÀ DI STAMPA. GIORNALISMO TRA MISSIONE E PROFESSIONE
5. Sabato 15 aprile 2023
ETICA E DEONTOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE SPECIALISTICA E DIVULGATIVA
6. Venerdì 12 maggio 2023
INFORMAZIONE TRA FONTI AUTOREVOLI E FAKE NEWS
7. Sabato 13 maggio 2023
I CASI EMBLEMATICI: DIVULGARE, FORMARE, CONDIZIONARE L’OPINIONE PUBBLICA
8. Venerdì 9 giugno 2023
LA COMUNICAZIONE NELLA CHIESA E SULLA CHIESA
9. Sabato 10 giugno 2023
TAVOLA ROTONDA. GIORNALISTI A CONFRONTO
Luca Peyron: Docente di Teologia dell’Innovazione – Università Cattolica di Milano
Franco Pizzetti: Presidente emerito dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Giurista – Emerito Università degli Studi di Torino – Luiss- Roma
Chiara Ponti: Avvocato e scrittrice
Lara Reale: Giornalista scientifica
Alberto Riccadonna: Direttore “La Voce e il Tempo”
Paola Severini Melograni: giornalista Rai, Direttore “AngeliPress”
Matteo Spicuglia: Giornalista Rai
Stefano Stimamiglio: Direttore “Famiglia Cristiana”
Marco Tarquinio: Direttore “Avvenire”
Vincenzo Varagona: Presidente nazionale UCSI
Nicoletta Vittadini: Sociologia dei processi culturali e comunicativi – Università Cattolica
Giuseppe Zeppegno: Docente Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione di Torino
Marco Aleotti: Regista televisivo
Francesco Antonioli: Direttore “Mondo Economico”
Matteo Bergamaschi: Filosofo – Docente Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione di Torino
Piero Bianucci: Divulgatore scientifico e scrittore
Elena Bravetta: Giornalista – Ufficio Stampa dell’Università degli Studi di Torino
Silvia Rosa Brusin: Giornalista – Conduttrice televisiva RAI
Fabrizio Casazza: Consulente ecclesiastico piemontese UCSI e docente Facoltà Teologica dell’Italia
Settentrionale – Sezione di Torino
Daniele Cerrato: Consigliere nazionale Ordine dei Giornalisti
Fabio De Ponte: Giornalista Rai
Silvano Esposito: Presidente Stampa Subalpina
Chiara Genisio: Giornalista, Vicepresidente nazionale FISC
Massimo Giannini: Direttore “La Stampa”
Alessandro Ginotta: Blogger, podcaster, scrittore
Pier Davide Guenzi: Docente Pontificia Università Lateranense e Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione di Torino
Enrico Larghero: Giornalista e Bioeticista
Roberta Leone: Docente Pontificia Università Urbaniana – Responsabile Comunicazione della Basilica e della Fabbrica di San Pietro
Maria Teresa Martinengo: Consigliera regionale Ordine dei giornalisti
Massimiliano Menichetti: Giornalista Responsabile Radio Vaticana – Vatican news
Paola Molino: Direttrice “Eco del Chisone”
Aurora Nicosia: Direttrice “Città Nuova”
Francesco Ognibene: Giornalista – Caporedattore “Avvenire”
Peppino Ortoleva: Storico – Università degli Studi di Torino

INDICAZIONI PER L’ISCRIZIONE

Le lezioni si svolgeranno in due unità didattiche:
Venerdì pomeriggio ore 15-19
Sabato mattina ore 9-13
Il Corso è gratuito per i giornalisti iscritti all’Ordine.
Verrà richiesto all’Ordine dei giornalisti l’accreditamento dei singoli incontri in presenza per la concessione di crediti formativi per la formazione continua.
È possibile frequentare sia in presenza che on-line.
Per quanti desiderano ottenere il diploma è obbligatorio: frequentare almeno 2/3
delle ore di lezione, preparare un elaborato finale di almeno 10.000 battute (spazi inclusi)
e versare la quota di iscrizione di € 100,00 tramite bonifico bancario (Banca Intesa San Paolo – Torino – IBAN: IT85 H030 6909 2171 0000 0072 697) intestato a: Master & Congressi S.r.l. con causale: Quota d’iscrizione Corso di Alta Formazione in Comunicazioni Sociali, seguito da cognome e nome dell’iscritto.

Segreteria organizzativa:
Maria Grazia Sinibaldi
tel. 339.4290588
e-mail: grazia.sinibaldi@gmail.com
SEDE DEL CORSO:
AULA MAGNA FACOLTÀ TEOLOGICA
Via XX Settembre 83 – 10122 Torino

Viene il giudizio nel Metaverso. Ma verrà alla fine dei giorni

 E venne il giudizio nel metaverso. Non per gioco, per ipotesi o per simulazione. Ma sul serio, con valore legale. Qualche giorno fa il tribunale del dipartimento di Magdalena, distretto di Santa Marta, in Colombia, ha tenuto udienza in un ambiente digitale immersivo ove le parti si sono digitalmente costituite usando occhiali per la realtà aumentata e una rappresentazione di sé nelle forme di avatar. L’oggetto del contendere riguardava la riscossione di alcune multe ed è stata la parte convenuta, il Sindacato Temporaneo di Transito e Trasporti di Santa Marta (Siett), a richiedere l’inedita ritualità. Così ha commentato il giudice di merito, accogliendo e commentando il fatto: «L’uso di questo tipo di tecnologia immersiva mira a rendere effettive le attuali tendenze procedurali, poiché consente la presenza nello spazio virtuale anche quando le persone si trovano fisicamente in un altro luogo, senza violare le procedure di garanzia e dei princìpi di giustizia digitale».

Fece discutere, durante la pandemia, il caso di una condanna a morte delibata in Nigeria via Zoom: era la primavera del 2020, ed evidentemente il boia non poteva aspettare che si potesse tornare in presenza. La morte fisica venne decisa senza il concorso di alcuna fisicità, o solo con una fisicità mediata dallo schermo. Casi molto diversi con esiti e peso legale e antropologico ben differente, tuttavia in qualche modo coerenti con una tendenza che ci fa riflettere. La fatica della presenza, i suoi costi, le sue correlazioni e conseguenze premono sulla realtà spingendola verso il virtuale. Abbiamo tutti imparato quanto tempo e risorse possano essere liberate usando il digitale in vece della presenza fisica. Tutti abbiamo risparmiato ore di viaggio e scomodità connesse per riunioni di una manciata di ore che avrebbero richiesto giorni per gli spostamenti. Bene lo sanno coloro che hanno funzioni legali che investono ore per presenziare a un rinvio, a una costituzione di parte del tutto formale, e via dicendo.

Come spesso accade quando la tecnologia ci facilita la vita, occorre riflettere però su cosa fare del tempo e delle risorse risparmiate. Così come riflettere su quando tempo e fatica non possono essere sacrificati in nome della semplice efficienza di un sistema. Questa generazione deve rispondere non solo alla domanda sul quando è importante essere presenti, ma anche sulle modalità. Digiuno, preghiera ed elemosina sono una straordinaria chiave di accesso a queste risposte perché sono la risposta alle tentazioni di base. Appetiti, progetti e possesso sono le tentazioni che Gesù vince nel deserto, quelle medesime che ogni tempo, compreso il contemporaneo, ci offre. Nelle forme dell’ubiquità, della virtualità e della replicabilità infinita e gratuita. Essere ovunque e con chiunque, ma non essere davvero con nessuno. Costruire mondi alternativi, continui e cangianti ma senza vivere il qui e ora della realtà concreta, talora piatta e scomoda. Attingere e distribuire, ma senza riconoscere il valore attinto e senza pagarne mai un costo effettivo, rendendo privo di valore ciò che non ha richiesto lo scambio di alcun valore. È la nostra contemporaneità digitale incorporea, ove il processo di creazione di valore si è trasferito così tanto nell’immateriale da rischiare di non farci più percepire il fatto che il reale ha valore in sé stesso. Come tale.

Chi crede è chiamato a vivere in questo periodo quaresimale alcuni impegni nella sua realtà. Il digiuno ci restituisce il senso del corpo e delle sue istanze, anche del dolore e delle sue frontiere, là dove lo Spirito ha sempre parlato all’essere umano rivelandogli la sua dignità trascendente come sul Tabor. La preghiera restituisce la fatica e la necessità di relazioni univoche ed esclusive, fondatrici e non frammentabili ove nell’unità di tempo si costruisce la comunione, in luogo della molteplicità meramente numerica. Infine, l’elemosina, ove la rinuncia non è fine a sé stessa ma investe nella fraternità, e l’io è chiamato a riconoscere un noi concreto e non ipotetico, senza il quale l’io stesso perde di ogni senso e significato. Digiuno, preghiera ed elemosina esercitate nel reale ci restituiscono consapevolezza e formazione nel discernimento del virtuale. Perché un giudizio verrà, non nel metaverso ma alla fine del mio tempo, e in quel giudizio io vorrei essere capace di consegnare me stesso a quella presenza reale e amante che mi ha convinto materialmente in terra, per essere eternamente vissuta nella totalità della comunione spirituale in cielo. Lieto di aver usato la tecnica, lieto di averne fatto a meno al tempo opportuno e nelle occasioni opportune.


Qui il post originale

La tramoggia digitale

23 febbraio 2023
h 17.30-19.00

LA TRAMOGGIA DIGITALE
con Sergio Bellucci

Palazzo Saluzzo di Paesana - via Consolata, 1bis. Torino



La cometa dei Neanderthal ci parla di Dio

Nei cieli sopra le nostre città e paesi è passata e sta lasciandoci una cometa, la C/2022 E3 (ZTF). L’ultima volta che ci ha visitato è stato cinquantamila anni fa. Una cifra enorme tanto che se pensiamo al futuro nessun racconto di fantascienza si spinge così in avanti. Se guardiamo al passato spunta invece l’uomo di Neanderthal, un nostro parente prossimo, piuttosto evoluto socialmente e tecnologicamente, tuttavia facilmente collocato dal nostro immaginario accanto ad una caverna con una clava in mano. Di qui il nome tecnico C/2022 E3 (ZTF), così poco praticabile, è stato sostituito con un più simpatico cometa dei Neanderthal. In questi giorni di avvicinamento essa è stata ben visibile e fotografabile anche con un telescopio amatoriale, come io stesso ho potuto sperimentare con i giovani della cappellania universitaria. 

L’acrostico ZTF sta per Zwicky Transient Facility che è un sistema robotico di scansione della volta celeste operativo dall’osservatorio astronomico di Monte Palomar negli Usa. Il suo compito è individuare oggetti celesti transitori, come le supernove o in movimento, come asteroidi e comete. L’accostamento tra i nostri progenitori delle caverne ed un sistema robotico automatico, è un fatto curioso che ci può aiutare a riflettere in questo tempo ipertecnologico. Per me astrofilo alle prime armi è stata una emozione forte individuare C/2022 E3 (ZTF) tra i comignoli ed i tetti dei condomini in cui è incastrata la parrocchia di cui sono pastore. Dopo averne studiato il moto e consultato il meteo, finalmente un bel mattino alle cinque è stato possibile osservarla, sufficientemente alta da svettare sui tetti e così luminosa da impressionare la fotocamera collegata al telescopio. Con il binocolo non è stata visibile e tantomeno ad occhio nudo. Con un sistema misto ottico e digitale è stato invece possibile scorgerne la coda, anzi le code.

La cometa dei Neanderthal all’osservazione ha infatti una chioma bianca e verdastra, una coda di polveri giallastra e una seconda debole coda di gas ionizzati che nelle fotografie astronomiche appare come una bella linea retta scritta nel cielo con un righello cosmico. Di fronte a tale spettacolo spariscono freddo, sonno e preoccupazioni. Resta la bellezza del creato che raggiunge fotone per fotone l’occhio del cuore, passando per quello del corpo, ma prima ancora e necessariamente per quello della macchina. Quando il cielo si apre si avvera quanto la Scrittura predice: piove dall’alto il Giusto. La contemplazione del cielo notturno ed ancora più dei suoi fenomeni sporadici e particolari, ha la capacità di muovere il profondo di noi stessi, di ravvivare la vocazione all’universale seminata nel nostro cuore, di restituire la figliolanza divina. Rileggo dunque e brevemente con questa esperienza astronomica il dibattito sull’uso delle tecnologie emergenti che prende sempre più corpo e significato in ogni ambiente, anche quello ecclesiale.

Abbiamo tutti compreso come il digitale, e tutto quello che ne deriva, è un fatto umano imprescindibile che tanto manifesta quanto condiziona ognuno di noi. In tempi di metamorfosi e rivoluzioni, la tentazione laddove la semplice fuga non è più possibile, è sempre quella dello schieramento. Pro o contro la tecnica. La mia piccola esperienza del cielo notturno di questi giorni, in caccia di una cometa che tiene insieme preistoria, presente e futuro remoto, fa emergere una via dinamica e di equilibrio più promettente. Lo slogan spesso ripetuto nel dibattito sulla tecnologia è quello di collocare l’umano al centro, rendendolo protagonista del processo, conferendogli la dignità che merita ed i poteri opportuni per dominare e non essere dominato dalla macchina. C/2022 E3 (ZTF) mi si rivela nel suo splendore attraverso una alleanza tra i doni che il Signore mi ha fatto, la vista; i doni che il Signore ha fatto all’umanità intera, il creato; i doni che il Signore ha fatto ad alcuni che, trafficandoli, hanno creato la tecnologia opportuna. Infine il dono ultimo della scoperta che si fa comunione quando le immagini che catturo diventano condivisione con gli amici astrofili, con i giovani del mio oratorio, con i bambini del catechismo o gli adulti con cui entro in contatto.

Nel nostro oggi e nel nostro domani può la tecnologia trasformarsi da strumento di potere e di poteri in strumento di servizio e di incontro con la bellezza di Dio? L’uso del telescopio collegato ad un computer mi insegna che è possibile spendere la tecnica per aumentare la conoscenza, condividerla per stimolare il domandare sull’essere umano e sul creato sino alle domande su Dio, assegnarle infine un ruolo importante, ma non assoluto per continuare ad essere liberi anche custodendo parte del nostro passato analogico. Oggi la tecnica risolve problemi tecnici, assicura forti introiti in chi la produce e governa, coltiva una narrazione di sé stessa sempre positiva e portatrice di sviluppo. Non è tutto vero, non è tutto falso. L’incontro con Cristo ci aiuta, ancora una volta, a fare discernimento sul nostro presente. La migliore tecnica è quella che ci apre una porta verso il cielo, quella che ci permette di ascoltare una parola di predilezione, quella che trasforma il rapporto uomo macchina in un rinnovato rapporto tra gli umani.

La cometa ed il telescopio associati ci rivelano le ragioni per cui siamo capaci di costruire un telescopio e desiderosi di contemplare una cometa senza doverla catturare. La cometa dei Neanderthal attraversa il cielo e le cronache per poi sparire nello spazio profondo. Può, come una ben più nota e misteriosa cometa di duemila anni fa, condurci ai piedi di un bambino e grazie a Lui spingerci a svuotare i nostri scrigni tecnologici. Usare la tecnica ma lasciare da parte la sua idolatria, l’oro. Costruirla e governarla ma lasciare da parte l’idolatria per chi la costruisce e governa facendosi così uguale a dio, l’incenso. Trafficare i nostri talenti per il bene comune, ma lasciare da parte il sogno recondito di entrare nella storia per aver realizzato l’innovazione definitiva, l’artefatto conclusivo, il sistema economico più remunerativo, la mirra. Benvenuta dunque C/2022 E3 (ZTF) che ci fai aprire gli occhi su quanto ci sovrasta, su quanto ci abita, e su Chi ci può davvero salvare.

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Umano e postumano - Rivista “Credere Oggi”

Ci si para davanti una nuova umanità, ma quale? È talmente ignota che non si sa ancora nominarla, definendola post-umanità.



La Rivista “Credere Oggi” edita dalle Edizioni Messaggero Padova dedica il fascicolo 6/2022 al tema del post-umano una delle sfide del nostro tempo.

Le spinte ecologiche intrigano più le nuove generazioni, ma nelle altre permane (vigoroso anche se dissimulato) il desiderio di governare la natura per non restarne in balìa. Ha buon gioco qui la crescita esponenziale del potere della tecnologia con la (non tanto camuffata) pretesa di offrire anche «salvezze».

“Il termine stesso – si legge nell’Editoriale – evidenzia importanti significati: dice cioè di uno spostamento rispetto a un pensiero dell’Occidente storicamente caratterizzato da un’ampia attenzione per la persona umana, punto di riferimento per il pensiero e l’azione. Oggi emergono tendenze diverse, che dal piano della prassi giungono a investire quello della riflessione. Ecco così che in un tempo che è stato detto postmetafisico e, anzi, postmoderno – in un’epoca di cambiamento, anzi in un cambiamento d’epoca – anche lo sguardo sull’umano sembra cambiare. Spiazzato dalle rivoluzioni scientifiche, decentrato cosmologicamente, ricollocato in un contesto evolutivo di prossimità ad altri viventi, esplorato in profondità nelle sue dinamiche psicofisiche: è sempre meno immediato guardare all’umano come a un centro di valore in senso forte”.

Il numero 6/2022 vede i seguenti contributi:

LUCA GRION, Chi ha paura del postumano? Una risposta della filosofia morale
GIUSEPPE ZEPPEGNO, Postumano: una definizione
LEOPOLDO SANDONÀ, L’enhancing biomedico. Medicina dei desideri e dintorni
ALBERTO ODDENINO, Intelligenza artificiale, potere computazionale, tutela dell’umano
GIUSEPPE RIVA, L’umano e la macchina: amore-odio? Considerazioni di carattere psicologico e sociale
MARKUS KRIENKE, Postumano e tendenze di mercato
ALBERTO PIOLA, Umano e postumano, tra teologia fondamentale e antropologia
MARTINO SIGNORETTO, Il mito della rivoluzione del metallo da Caino in poi
LUIGI BERZANO, Umano e postumano. La voce delle religioni
LUCA PEYRON, Umano e postumano. Percorsi di dialogo con il mondo dell’educazione

“Postumano è, dunque – si evidenzia nell’Editoriale – parola che accomuna approcci filosofici diversi, tesi a ripensare il nostro essere sottolineandone la parzialità, la provvisorietà evolutiva; e disegnandone talvolta addirittura forme di superamento, prevalentemente per via tecnica”.

Tema, pertanto, particolarmente cruciale nel contesto attuale; un numero della Rivista prezioso perché raccoglie e riordina i frammenti di questa questione non per stigmatizzarla, ma per una più completa comprensione delle trasformazioni in atto, che intersecano inevitabilmente (e frontalmente) la teologia con la filosofa e l’antropologia.

Rivista “Credere Oggi”Umano e postumano, Fascicolo 6-2022 – n. 252, Edizioni Messaggero Padova, 2022, pp. 184.