Chi da ragazzino era appassionato della serie non dimenticherà che Scotty è l’ufficiale ingegnere capo dell’astronave Enterprise, scelto per la sua capacità di effettuare complicate riparazioni in tempi brevissimi: era l’uomo dei miracoli. Molti episodi, conclusi con l’immancabile happy end per la compagine del capitano Kirk, terminavano con le parole del titolo: «Energia dott. Scott!», e via verso nuove avventure.c
Di energia e di ingegneri dei miracoli avrebbe bisogno sempre di più la rivoluzione tecnologica. Super computer, reti, gestione dei big data e dei loro algoritmi, e soprattutto sistemi di blockchain (tecnologia in grado di registrare scambi e informazioni in modo sicuro e permanente, mediante la condivisione di un database), assorbono quantità enormi di energia.
È stato calcolato che per effettuare una sola singola transazione di bitcoin è necessaria l’elettricità che alimenta una casa per un mese, mentre l’estrazione dei bitcoin, a oggi, pesa in termini energetici più di una nazione delle dimensioni dell’Irlanda.
Questa voracità energetica porterà secondo l’Agenzia internazionale dell’energia entro quest’anno il settore globale delle Tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) a rappresentare il 3,5% delle emissioni globali. Un problema finanziario, ma soprattutto un problema ambientale.
Correre ai ripari: energie rinnovabili, ma non solo…
I giganti del digitale corrono ai ripari sia cercando di rendere più performanti i loro sistemi, sia con operazioni tecniche tanto d’immagine quanto di ritorno economico effettivo: già dal 2018 i data center di Apple, ad esempio, sono alimentati al 100% da fonti rinnovabili.Produrre più energia rinnovabile, rendere più performanti i sistemi e l’efficientamento sono certamente strade da seguire, ma resta importante la migliore tra tutte, quella culturale. Come ci ricorda l’enciclica Laudato si’:
«non si può pensare di sostenere un altro paradigma culturale e servirsi della tecnica come di un mero strumento, perché oggi il paradigma tecnocratico è diventato così dominante, che è molto difficile prescindere dalle sue risorse, e ancora più difficile è utilizzare le sue risorse senza essere dominati dalla sua logica. (…) Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga fuori dalla sua ferrea logica. Si riducono così la capacità di decisione, la libertà più autentica e lo spazio per la creatività alternativa degli individui» (n. 108).La questione primaria non è se si possa tecnicamente fare o come trovare l’energia pulita per farlo, la questione primaria è se fare ha uno scopo reale, buono, antropico con un fine che non sia la mera fattibilità concreta.
Il punto è semplice, appare addirittura semplicistico, ma la digitalizzazione della vita, la sensazione che poco o nulla abbiamo ormai un costo, ci induce a pensare che molte delle nostre azioni non abbiano conseguenze, e il nostro giudizio morale spiccio si ferma al prosaico «che male c’è?».
Perlomeno al cristiano oggi si dovrebbe riproporre la domanda sul bene, la ricerca del bene maggiore e non la semplice fuga nel male minore. Riproporre ai giovani l’uomo cavalleresco di cui scriveva Guardini non faccia sorridere: abbiamo bisogno di semplici nobili gesti perché, come scrive il papa:
«queste azioni non risolvono i problemi globali, ma confermano che l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente. Essendo stato creato per amare, in mezzo ai suoi limiti germogliano inevitabilmente gesti di generosità, solidarietà e cura» (n. 58).«Dottor Scott, energia!»… ma con parsimonia e intelligenza.
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