Una riflessione sulla via italiana all'intelligenza artificiale

Un dibattito tra esperti per tenere l'uomo al centro, prevenire l'insorgere di disuguaglianze, stabilire delle responsabilità per chi programma gli algoritmi



L’anno appena trascorso ha visto diverse importanti novità normative che hanno riguardato l’intelligenza artificiale. Ad aprile è iniziato l’iter dell’Artificial intelligence act, il nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale che sarà affrontato nella plenaria del Parlamento europeo il  prossimo autunno. Lo scorso 24 novembre poi è stata la volta della strategia nazionale italiana, un documento che ha visto la luce dopo un sofferto iter di tre lunghi anni, due stop&go e un cambio di squadra.


In Italia il dibattito sull’ecosistema dell’intelligenza artificiale risente di quelle che sono le caratteristiche per certi versi tipiche del nostro Paese. Abbiamo difficoltà a “fare sistema”, ovvero favorire lo scambio di idee ed esperienze fra i diversi settori e livelli produttivi, mancano finanziamenti seri e il nostro fiore all’occhiello, la rete accademica, forma bravi giovani che puntualmente vengono attratti da aziende estere, con stipendi iniziali che qui potrebbero ottenere solo dopo quindici anni di carriera.

Come ecosistema Italia abbiamo qualche rara qualità e molti difetti, che però con tenacia e perseveranza qualcuno cerca di correggere. Anche da qui è nata la volontà di cercare un filo conduttore per capire cosa dobbiamo fare per migliorare l’ecosistema di intelligenza artificiale nel nostro Paese. Dieci esperti italiani, provenienti da svariati settori e con alle spalle esperienze anche molto diverse, mostrano la strada per migliorare l’approccio all’AI in Italia. I loro consigli sono stati raccolti da una pubblicazione digitale, scaricabile gratuitamente, intitolata Intelligenza artificiale. Idee e proposte per l’ecosistema italiano.


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I macro temi


Nei pareri degli esperti emergono temi comuni e condivisi, come la necessità di mantenere sempre l’essere umano al centro, proteggendo i soggetti vulnerabili dalla rapida evoluzione della tecnologia, oltre che l’esigenza di adottare subito un approccio multi-disciplinare e multi-stakeholder per consentire a tutti di partecipare allo sviluppo delle regole per l’AI.

Di centralità dell’essere umano parlano Viola Schiaffonati, docente associata di Logica e filosofia della Scienza al Politecnico di Milano, che sprona ad adottare una attitudine critica nei confronti del progresso in modo da mettere in luce la co-evoluzione della tecnologia e della società; don Luca Peyron, coordinatore dell’Apostolato digitale della Chiesa cattolica, che chiede tecnologie che non solo abilitino l’umano, ma che umanizzino le sue abilità; e Fabio Ferrari, fondatore della società Ammagamma, per cui il ruolo dell'uomo è centrale per indirizzare l’AI verso uno sviluppo positivo e non ambiguo.


Ma la centralità dell’essere umano va di pari passo con la responsabilità di chi crea algoritmi, che secondo Federico Cabitza, professore associato di Informatica all'Università degli Studi di Milano-Bicocca, dovrebbero essere certificati e conformi a standard specifici per essere non solo accurati, ma anche robusti e utili allo scopo. Di responsabilità parla anche Gianclaudio Malgieri, professore associato di Diritto e Tecnologia presso la Edhec Business School di Lille, secondo cui la grande sfida è bilanciare la protezione dei diritti individuali - e collettivi - con la spinta all’innovazione e alla competitività, sottolineando anche in questo caso che i sistemi AI dovrebbero essere non solo accurati e spiegabili, ma anche giustificabili e affidabili.

Il rischio è quello di creare degli “emarginati digitali”, i nuovi poveri del futuro, come avverte Emanuela Girardi, founder e presidente dell'associazione Pop AI, secondo cui l’Italia ancora non ha un piano per portare le nuove competenze nella società civile, cosa che potrebbe chiudere le porte del mondo del lavoro e della nuova società digitale a molti cittadini. Servirebbe nel governo un dipartimento per l’AI, conclude la Girardi, suggerendo un tema che ritroviamo anche nell’intervento di Stefano Quintarelli, imprenditore seriale ed ex deputato nella XVII legislatura, che chiede un aumento di consapevolezza da parte dei nostri decisori, pubblici e privati, affinché accompagnino la diffusione dell’intelligenza artificiale facendo in modo che sia compresa dalle persone, curandone la formazione. 

L’AI, per usare le parole di Quintarelli, è una grande opportunità per il sistema produttivo italiano, un pensiero condiviso anche da autorevoli esponenti del mondo accademico come Nicola Gatti, professore in Ingegneria informatica al Politecnico di Milano, che sogna un’Italia dove sia consuetudine che il mondo delle imprese e il mondo della ricerca scientifica lavorino assieme per fare innovazione, e da Roberto Navigli, professore ordinario presso il Diag dell'Università di Roma "La Sapienza”, che chiede un avvicinamento fra il mondo dell’università e quello dell’industria, ancora troppo distanti, per generare sinergie fra ricerca e imprenditorialità. È così, spiega Navigli, che si apre la strada a startup universitarie ad alto potenziale di successo, vere punte di diamante dell'innovazione e della tecnologia made in Italy.


Delle eccellenze del nostro Paese parla anche Francesca Rossi, Global Leader Ibm sull'Etica dell'intelligenza artificiale nonché futuro presidente dell'Association for the Advancement of Artificial Intelligence (Aaai). Eccellenze che contribuiscono al nostro ecosistema, che a sua volta deve però essere supportato adeguatamente affinché la traiettoria che prenderà lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sia positiva per la società. L’acquisizione di competenze multi-disciplinari e l’approccio multi-stakeholder sono due temi cari a Francesca Rossi, come a molti altri esperti intervenuti, poiché necessari per consentire a tutti gli attori dell’ecosistema di intelligenza artificiale di essere ascoltati e di poter contribuire.

Esseri umani saldamente al centro dello sviluppo tecnologico, responsabilità dei produttori, protezione dei soggetti vulnerabili, collaborazione fra accademia e industria, certificazioni vere e non di facciata, serie valutazioni degli impatti sulla società, attenzione da parte di chi governa e tanta, tanta compartecipazione da parte di tutti. Sono questi i temi che gli esperti di AI hanno scelto per costruire un ecosistema che sia utile, produttivo e che protegga la dignità dell’essere umano. Affinché non siano in pochi a decidere quali traiettorie prenderà lo sviluppo dell’AI, bensì una platea estesa a tutti coloro che possono contribuire, qualsiasi formazione essi abbiano, perché l’intelligenza artificiale è un futuro che riguarda tutti.


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