Nel cielo stellato una natura che annuncia il Vangelo

Don Luca Peyron racconta le serate assieme ai giovani con il naso all'insù sul tetto della parrocchia a guardare le stelle: è una "biblia pauperum" disponibile a tutti



C’è una nuova biblia pauperum. In realtà è antica quanto l’universo. Ma è nuova perché i fanali di strada, le luci delle città, la smania di illuminare a giorno qualunque artefatto, ha reso color caffellatte uno spettacolo che per millenni ci ha ispirato. È biblia perché è intrisa dello Spirito che aleggia sulle acque, quelle sopra di noi. È pauperum perché non è necessario avere chissà quali conoscenze o capacità, ma chiunque, di ogni età, latitudine e censo può averla a disposizione.

Il cielo stellato, galassie, nebulose, costellazioni, pianeti. Il cielo profondo come lo chiamano gli astronomi. Ed è il poverello per antonomasia, il più santo degli italiani ed il più italiano dei santi, a cantare queste pagine celesti sopra di noi. San Francesco ne era infatti così tanto innamorato, meravigliato, ispirato, che ne fa l’ossatura portante del Cantico, non a caso, di frate Sole. Laudato sì canta Francesco innanzitutto per il Sole, la nostra stella, la Luna, il nostro satellite e poi tutte loro le stelle. Al suo tempo non poteva vedere galassie e nebulose, però possiamo immaginare che in qualche modo le avrebbe inserite nel suo semplice e potente canto d’amore per il Creatore che nel creato rivela la sua paternità ed amorevolezza.

La Scrittura stessa, la Bibbia quella autentica, è costellata, non potrei usare altro termine, della presenza del cielo profondo. Per tutto bastino i versetti del Salmo 19 ove “I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia”.

In un tempo ove l’annuncio del Vangelo deve trovare nuove strade per essere espresso, ove tecnologia e pensiero scientifico sono le nuove religioni e la nuova pratica religiosa, abbiamo strade antiche e ad un tempo nuove da proporre all’umano inconsciamente assetato di Dio, ma coscientemente smarrito in una sua ricerca disordinata e rapsodica?

Non ho una ricetta, ma una esperienza che sta diventando proposta che ha, letteralmente, di nuovo illuminato i cieli di molti, soprattutto bambini e giovani. Il cielo. Quello che è abitato da un Padre straordinario che sembra aver puntellato con garbo il nero sopra di noi come a lasciare briciole di pane per farsi trovare. Che ha colorato polveri e gas per permettere a chi fa della scienza e della tecnica uno dei pilastri della propria esistenza di farsi abbracciare dal fattore di quella intelligenza e di quella meraviglia usando un telescopio ed una telecamera. Sto sperimentando come la natura annunci il Vangelo mettendo un telescopio sul tetto della parrocchia o costruendo con studenti universitari di mezzo mondo, in un progetto di Fondazione Matrice, piattaforme astronomiche. Ho abbracciato stupore e assaporato meraviglia. Ho, soprattutto, gioito del fatto che in tanti hanno letto che sì, il loro nome è scritto nei cieli, ma soprattutto nel palmo della mano di Dio. Laudato sì.

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