Edoardo Mattei – I Vangeli narrano il digitale

I Vangeli narrano il digitale

IL LIBRO

Il dramma dell’epoca digitale è negarsi la possibilità di parlare di Dio. Esaudite le domande per spiegare il mondo, si scoprono ancora inquietudini nel cuore e la consapevolezza di non sapere a chi rivolgersi. Se la scienza ha esaurito le risposte e non esiste un Dio a cui porre le domande, come affrontare le questioni fondamentali dell’esistenza? Se la Scrittura è universale non può non fornire delle risposte. Edoardo Mattei suggerisce che una «teologia del digitale» è realizzabile, offrendone una lettura biblica, che urge in un tempo in cui il digitale è intorno a noi, plasma la nostra vita e condiziona la cultura e l’etica.

L'AUTORE

Edoardo Mattei, consulente per l’innovazione tecnologica ed esperto di comunicazione digitale, ha partecipato a diversi progetti internazionali. Gestisce la transizione e la comunicazione digitale di numerose società private. Docente di Teoria dei Media Digitali presso ISSR Mater Ecclesiae – Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino Angelicum, promuove l’impegno cristiano nel digitale in convegni, articoli e libri. Collabora con il sito Eklego - Teologia Biblica ed è autore del blog Mattia Digitale. È un laico domenicano.

LA RECENSIONE DEL PROF. VACCARO

A inizi anni Novanta, il documento della Pontificia Commissione Biblica L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa segnalava le peculiarità esegetiche dell’approccio contestuale al Testo Sacro. Tale approccio è caratterizzato dall’accordare un’attenzione privilegiata ad aspetti particolarmente sensibili alle preoccupazioni e alla mentalità dell’umanità del proprio tempo e il documento menzionava, allora, la teologia della liberazione e l’ermeneutica biblica femminista. A distanza di trent’anni, sembra necessario aggiungere un terzo approccio contestuale, ovvero l’approccio tecnologico e digitale e il libro di Edoardo Mattei, I Vangeli narrano il digitale. Una lettura biblica al tempo dei social, “ne rappresenta uno dei primordi”, come avverte Luca Peyron nella sua prefazione al testo.

Non si tratta di impresa semplice perché il mondo tecnologico contemporaneo, così innervato di comunicazione breve, immediata ed esteriore, sembra agli antipodi delle coordinate dei cosiddetti ‘tempi biblici’, ma questo non vale come motivo di rassegnazione, bensì di incentivo e sollecitazione per chi si fa forte della convinzione, come Mattei, che la Rivelazione si presti ad essere espressa nel linguaggio e nelle categorie di ogni tempo e che la Chiesa sia proprio chiamata a tale ermeneutica. Qui la precisazione si fa sottile: la Chiesa non deve ‘adattare’ la Scrittura allo spirito del tempo, deve piuttosto impegnarsi affinché la comprensione della Scrittura sia ‘adatta’, cioè significativa, feconda ed anche suggestiva, per gli esseri umani di ogni tempo.

I primi due capitoli del libro, intitolati “Il digitale nel Vangelo” e “Pericopi digitali”, pur con declinazioni diverse, s’impegnano in “possibili letture bibliche del digitale”. Il discorrere è fresco e ammiccante, e i comportamenti e le attitudini tipiche del nostro tempo digitale diventano valide occasioni per agganciare l’attenzione soprattutto dei più giovani e stimolare approfondimenti ed estensioni del senso evangelico. Quale esperienza di fede viene abilitata dal touch screen di Tommaso sul costato del Risorto? Quanti altari-cookie lasciamo lungo la nostra vita così come facevano i patriarchi lungo la via del loro cammino? “Se i cookie sono i segni del nostro navigare su Internet, esistono uguali segni che testimoniano la nostra frequentazione del vangelo?”; il selfie sulla moneta richiamata dal famoso: “date a Cesare…” non induce a pensare che “forse abbiamo anche noi un desiderio di affermarci come imperatori della nostra vita e ignorare l’imago Dei che Gesù ci propone discretamente”?

Le associazioni e i richiami di questo genere si rincorrono nel testo di Mattei e gli stessi titoletti dei paragrafi giocano su simili equilibri, come ad esempio: “Il settimo giorno e l’apericena”, “Lazzaro, alzati e connettiti”, “Eva e le fake news”.

La parte conclusiva del testo, dedicata a delineare “Tracce per l’apostolato”, cambia registro: la riflessione si fa più serrata, argomentata e ricca di indicazioni concrete nel tentativo di rendere la pastorale rivolta all’umanità digitale sempre più aggiornata, efficace e attraente, al fine di coprire il gap teologico-pastorale esistente con il tempo attuale tramite innovativi apparati linguistici e concettuali. Il primo suggerimento è cruciale: “alla pastorale è chiesto di cambiare atteggiamento da ‘fornitore di risposte’ a ‘fornitore di domande’”. Non si tratta di gusto personale: è la temperie che lo chiede alla Chiesa. L’epoca digitale offre risposte a bizzeffe, è sufficiente cliccare un quesito e quantità industriali di risposte si riversano sul lettore, risposte di tutti i tipi e per tutti i gusti. Uno degli effetti maggiori, osserva Mattei, è che per le giovani generazioni “il muscolo delle curiosità si è intorpidito” e le risposte della pastorale cristiana appaiono solo un “prodotto da scaffale” nel “supermercato delle risposte confezionate” e neppure tra quelle più rilucenti e a basso prezzo. Per questo occorre un atteggiamento diverso, una pastorale che si metta in gioco costantemente, che ascolti e condivida la prospettiva di chi pone domande e obiezioni e che s’impegni a fornire argomenti personalizzati ad ogni interlocutore.

La pastorale narrativa, in linea con lo stile dello storytelling oggi frequentemente richiamato, è un’altra proposta che si affaccia nel generoso elenco delle caratteristiche della nuova pastorale suggerito dall’autore.

Lo sguardo di Mattei sul nostro tempo digitale è critico, rigoroso, competente, ma complessivamente accogliente. Nonostante certe discutibili abitudini che il digitale induce e promuove nei comportamenti di ognuno di noi, esso è guardato con simpatia, con la costante tensione a cogliere ciò che di positivo immette nelle nostre vite e alle opportunità che apre ai cristiani. Il paragrafo che conclude il libro, “Esame di coscienza al cellulare” è emblematico di questo atteggiamento: “Il tanto bistrattato cellulare è un registratore impietoso della nostra vita. A fine giornata possiamo ripercorrere tutto quello che abbiamo detto, pensato, scritto e letto. È un confronto imparziale con il nostro vissuto. Un esame di coscienza efficace, che può diventare anche un simpatico gioco di società, come nel film Perfetti sconosciuti. Cosa hai postato, scritto, detto, taggato di buono o cattivo nella giornata? Quando lo hai fatto pensando a Dio? Mentire sarebbe difficile, perché la nostra vita digitale è vissuta nella rete di relazioni fisiche, è pubblica, sotto lo sguardo e nello schermo di ognuno. Il cellulare diventa una sorta di angelo custode che può parlarci, se vogliamo starlo a sentire”.

L’approccio contestuale tecnologico alla Bibbia e la pastorale del digitale, con il libro di Mattei, sembrano essere sorti sotto buoni auspici.

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