L’educazione, salvagente nel mare degli algoritmi

 Novara – «Un soggetto non-soggetto, un oggetto che diventa soggetto, un potere non dichiarato che orienta le idee». Così don Luca Peyron (direttore della Pastorale universitaria di Torino e docente di Teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) si esprime nell’incontro Se l’algoritmo fa l’opinione. Informazione e democrazia alla prova dell’Intelligenza Artificiale, proposto sabato 2 marzo all’Arengo del Broletto di Novara nell’ambito di Passio 2024, parlando dell’Intelligenza Artificiale e del suo ruolo nell’attuale sistema informativo. Tramontata l’era dell’informazione mediata esclusivamente da radio, tv e testate giornalistiche, ciascuno attinge sempre più individualmente al mare di informazioni disponibili in Internet in cui – spiega il relatore Stefano Pasta, membro del CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) – «gli algoritmi selezionano per noi le informazioni che ritengono più adatteimparando dalle nostre scelte e dai nostri like ciò che corrisponde alle nostre preferenze. Siamo così sospinti a rinchiuderci in “echo chambers”, “bolle informative” in cui siamo raggiunti solo da notizie e commenti che finiscono con il confermare il nostro modo di pensare».

Un’azione che «sospinge dolcemente e inavvertitamente, dandoci l’impressione di essere liberi nella scelta delle fontie crea un “regime discorsivo” in cui la veridicità dei fatti assume sempre meno importanza rispetto alla loro capacità di suscitare emozioni e di rinforzare le convinzioni degli utenti; ne nasce un quadro confuso, in cui convivono molte “verità” senza gerarchia e senza prospettive di confronto e di verifica sui dati». Indispensabili quindi, gli algoritmi, per orientarci in Internet ma anche potenti filtri di orientamento dell’opinione pubblica, al punto che, spiega Pasta «è in corso un dibattito sulla loro limitazione e regolamentazione per giungere a un diritto del Web». Ma ancora più importante è l’educazione degli utenti, in particolare i giovani, al loro utilizzo consapevole, perché – conclude Peyron – «non è il diritto la soluzione alla possibilità di essere manipolati, pena il rischio che il “politically correct” sterilizzi il pensiero e le interazioni umane, e limiti inutilmente le possibilità degli strumenti digitali, ma il nostro strumento di difesa deve essere la consapevolezza di noi stessi e delle nostre posizioni, e la capacità di argomentarle».

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