I luoghi dove stiamo crescendo

Editoriale


«Educare ed educarci in questo tempo, affinché nessuno pensi di chiedere a 
Google la risposta sul senso della vita, ma ricominci a chiederlo alle grandi narrazioni che hanno guidato nel corso dei secoli credenti e non credenti». È l’incisiva conclusione che Luca Peyron ci affida dopo averci accompagnati in una lucida riflessione sui Luoghi dove stiamo crescendo, evidenziando come la sensazione di smarrimenti e di confusione che a volte afferra noi e le nostre comunità ecclesiali oggi non sia solamente nostra, ma attanagli gran parte della cultura, delle religioni, dell’economia, delle stesse etiche generali e applicate.

In questa epoca di grandi transizioni (ce n’è mai stata una che non lo fosse?), di tempi difficili, complessi e disorientanti (difficile trovare chi non l’abbia asserito dei propri), tuttavia, è necessario riprendere l’«arte del pilota» (
cibernetica) a partire dalla responsabilità di attuare una necessaria formazione morale.

Perché saper rispondere è necessario nella dinamica dialogica di ogni atto formativo. Il secondo contributo, quindi, va più in profondità e guarda a I luoghi dove stiamo crescendo. Cosa rimane dopo la crisi delle grandi agenzie etiche tradizionali (scuola, associazioni, chiese, sindacato, partiti…)? Quali riferimenti etici rimangono in questo tempo senza ideologie e senza fede? Luca Peyron ci guida in cerca di una morale condivisibile adatta per questa nostra società globale e smaterializzata.



1. In cerca di una morale condivisa e condivisibile
È il 1981 e Jean-François Lyotard[1] consegna alle stampe un breve scritto che in poco più di cento pagine annuncia la fine dei grandi miti novecenteschi: ideologie, fedi rivoluzionarie, utopie, etiche universali. Non fu il primo a farsi profeta, ma intervenne al momento giusto nel pieno degli albori di una rivoluzione di cui oggi vediamo i primi importanti esiti. Al posto delle strutture sociali come le abbiamo conosciute negli ultimi secoli, Lyotard preconizzava l’ascesa di un nuovo sapere appiattito sulla tecnica e validato dalla scienza, non più condizionato dalla sfera dei valori. Nel tempo del post – postumano, postindustriale, postmoderno – quello che si intravvedeva allora si vede molto bene oggi, così come Yuval Noah Harari in un fortunato testo ha ben descritto. Anche se non ne condivido le conclusioni, faccio mie alcune premesse secondo le quali ci troviamo in

un mondo globale che esercita una pressione senza precedenti sui nostri comportamenti e sull’etica individuale. Ognuno di noi è intrappolato in numerose ragnatele, che mentre limitano i nostri movimenti trasmettono le nostre vibrazioni più impercettibili a destinazioni remote.