Il rapporto del Mise uscito ieri sulle strategie per l’intelligenza artificiale in Italia tra i diversi punti indica anche l’opportunità di creare un istituto ad hoc.
ll gruppo di specialisti invoca la nascita di un Istituto italiano per l’intelligenza artificiale (raccomandazione I3a), che guidi lo sviluppo e gli studi locali e attiri talenti internazionali, favorendo il trasferimento tecnologico tra università e aziende. È quanto avviene all’estero in istituto come il Max Planck o il Fraunhofer anche se il modello di quest’ultimo è reticolare più che accentrato.
Torino avrebbe tutte le carte in regola: le avrebbe dal punto di vista tecnologico con due grandi Atenei di respiro internazionale e che proprio su questi temi si collocano ai massimi livelli insieme ad un tessuto imprenditoriale interessante. Il rapporto del Mise uscito ieri sulle strategie per l’intelligenza artificiale in Italia tra i diversi punti indica anche l’opportunità di creare un istituto ad hoc. Avrebbe le carte in regola dal punto di vista logistico: è posta al centro geografico dell’Europa e per questo negli anni ’50 perse per un soffio la possibilità di diventare la capitale del continente. Ha le carte in regola dal punto di vista logistico con ampi spazi in cerca di una nuova vocazione. Ma soprattutto ha le carte in regola perché ha la cultura giusta per lo sviluppo dell’AI in salsa italica.
La cultura che fu di Primo Levi e Calvino tra i primi grandi scrittori italiani a trattare con profezia di questi temi, la cultura cristiano sociale dei santi prima e di tanta politica nazionale poi unita ad una teologia ed una pastorale attenta, capace di coniugare sviluppo e bene comune.
La cultura del lavoro preciso e geniale che ha fatto nascere nei secoli tanta innovazione tecnologica, dal filato del ‘700 all’ mp3 passando per il cinema. La cultura che pone l’essere umano al centro – è una delle raccomandazioni più interessanti del rapporto citato – in cerca di una sostenibilità sociale e tecnica che tenga un equilibrio sano tra diverse tensioni e questioni. Poi Torino è la prima Diocesi in Italia ad avere un Servizio per l’Apostolato Digitale, ma è un argomento che riconosco un po’ di parte.
Le forze sociali, politiche, accademiche non avranno problemi a cantare in coro questa candidatura ed i nostri giovani ricercatori sono pronti, così come i loro docenti, il tessuto imprenditoriale e, mi permetto di scrivere, anche le nostre forze ecclesiali. Pensare con lode ci piace, possiamo farlo insieme guardando il futuro già quasi presente!
Qui il post originale