Fede e incontro nei social

Don Luca Peyron è sacerdote della diocesi di Torino, giurista di formazione, parroco, direttore della Pastorale Universitaria e del servizio per l´Apostolato Digitale che la Diocesi di Torino ha lanciato un anno fa, prima della pandemia. È docente di teologia della trasformazione digitale in diverse università. 

Di che tipo di fede ha bisogno una persona immersa nella realtà digitale?

La fede dello scriba che custodisce nuovo e antico. Una fede ancorata come sempre a Cristo e alla Chiesa ma che percepisce la necessità del dialogo fecondo con il mondo, capace e desiderosa di cercare Cristo là dove già Egli ci precede nella Galilea delle genti. Dunque anche nella condizione digitale.

La digitalizzazione, affermi nel tuo libro "Incarnazione digitale. Custodire l´umano nell´infosfera" (Elledici), non è la salvezza. Cosa apporta all´umano questa rivoluzione?

Non è la salvezza perchè illude di farci valicare i limiti di tempo, spazio e vita che hanno sempre bisogno di un salvatore. Ci porta strumenti che non sono neutri, ma hanno una loro connotazione morale e quindi ci chiedono di essere giudicati, governati e progettati assumendoci nuove responsabilità.

Prima della pandemia si invitava a non esagerare con l´uso dei social o di internet; a un certo punto ci si è resi conto che erano una vera possibilità di mantenere aperta la comunicazione interpersonale... Quale riflessione nasce dalla situazione attuale?

Abbiamo vissuto dei momenti che ho definito di liturgodemia digitale, ossia un uso massiccio e non riflesso del digitale per salvare il salvabile. Penso che la Chiesa abbia bisogno di una agenda digitale, ossia una riflessione condivisa sul digitale, sul suo uso e i suoi significati. Sono vettori importanti di comunicazione ma la profezia di McLuhan va sempre tenuta conto: il medium è il messaggio, e, dunque dobbiamo vegliare che il messaggio resti sempre quello che ci è stato consegnato.

Come immaginare il futuro visti i veloci cambiamenti impressi alla nostra epoca? Come non restare indietro o addirittura isolati?

Viviamo il tempo dell´accelerazione costante: dobbiamo prendere sempre più decisioni, con sempre maggiori informazioni ma in minor tempo. Credo che sia necessario salire sul monte per guardare più lontano piuttosto che correre in pianura inseguendo non sappiamo bene chi o cosa e verso dove. C´è il rischio, tornando a valle, di trovare gente che adora il vitello d´oro, ma è un rischio che dobbiamo correre. È un temopo che ha bisogno di profezia.

Nella tua diocesi esiste il servizio per l´apostolato digitale. Puoi descrivere questa novità nella pastorale della Chiesa?

Nato dal Sinodoto sui giovani è un pensatoio di cui fanno parte studenti, docenti, professionisti e persone di altre religioni. Pensare, educare, discernere, accompagnare: un dialogo a partire
dall´università e dagli universitari con l´apertura alla società, all´impresa e al mondo su questi temi. Tentando poi di agire, condividere, educare e venire incontro alle povertà di questo tempo. Abbiamo un bel riscontro, confidiamo che lo Spirito soffi!

di Roberto Ponti, Società di San Paolo