Quando si parla di etica dell’intelligenza artificiale, questo significa l’onestà e la chiarezza nel definire non solo quello che l’AI è, ma anche quello che non è e che non sarà. Un’etica che comporti una tecnologia che generi inclusione e comunione. Ma come si collega l’AI e la Bibbia?
Il binomio Cristianesimo
e intelligenza artificiale si riferisce a un argomento che non può
essere contenuto nelle poche righe di questo contributo, ma rivela – il verbo è
scelto – l’esistenza di un nesso attendibile dal punto vista credente e
culturale tra la fede in Gesù Cristo e l’intelligenza artificiale.
Dobbiamo partire dall’inizio: in teologia ciò che è
affermabile di Dio e segnatamente di Cristo, deve fare sempre i conti con la
Scrittura, essa rappresenta il vincolo di ortodossia di ogni ragionamento e
ipotesi articolabile. Dal punto di vista epistemologico non deve stupire questo
atteggiamento: ogni scienza nasce da alcuni a priori, da assiomi che la
fondano. La teologia non si distingue in questo. Dobbiamo quindi indagare se
esista nella Scrittura un nesso tra quanto è di Cristo e quanto noi sappiamo
rispetto all’intelligenza artificiale o, per meglio favorire la comprensione,
più in generale rispetto alla tecnologia.
La
Bibbia e le intelligenze artificiali
È importante
notare come nella Bibbia, a differenza di altre tradizioni religiose, non vi
sia alcun accenno a intelligenze artificiali, manufatti pensanti o a robot. A
differenza della mitologia greca (Prometeo,
Pandora, Talos, gli androidi dell’Iliade e dell’Odissea), di quella ebraica (Golem) o di quella cinese taoista (Libro del Vuoto
Perfetto) non c’è traccia di una tecnologia che sostituisce l’essere umano, di
una tecnologia post umana. Ma vi è invece tanta tecnologia, tantissima, ed in
momenti e ruoli strategici. Il punto centrale della vicenda divino-umana di
Gesù è, come sappiamo, la sua morte di croce a cui fa seguito la risurrezione.
È la Pasqua cristiana, il passaggio dalla morte alla vita che si innesta nella
Pasqua ebraica che ricorda il passaggio dalla schiavitù d’Egitto alla vita
nella terra promessa. In entrambi i casi la tecnologia è sullo sfondo, nel
senso che letteralmente è il foglio sopra il quale si “scrive” la salvezza.
Nella Pasqua ebraica l’angelo
sterminatore, che conclude le piaghe d’Egitto, risparmia e dunque salva
quelle famiglie la cui porta – tecnologia – è cosparsa del sangue dell’agnello
del sacrificio. Sarà il sangue di un altro agnello sacrificale, Cristo, che
salva tutta l’umanità da ogni forma di male distruggendo il peccato, quel
sangue è sparso su di una croce, nuovamente una forma di tecnologia.
La tecnologia e l’insegnamento di
Cristo
Cosa
possiamo leggere in questi segni? Che la vita piena dell’essere umano nasce
dall’alleanza tra Dio e l’essere umano anche là dove egli si esprime
tecnologicamente, nella sua cultura tecnologica. A rafforzare questa tesi è lo
stesso mestiere di Cristo che, figlio del falegname è
falegname egli stesso. Il termine greco usato nei vangeli è anche più che
falegname: è carpentiere, scalpellino, artigiano: un ventaglio semantico che
raccoglie tutti i mestieri che al tempo di Gesù erano i mestieri tecnologici.
Non possiamo in questa sede che fermarci qui e dire che il cristianesimo, sin
nella vita di Colui che ne è il fondamento, ha un legame con le tecnologie e
con il senso che esse possono rappresentare. Tornando dunque all’intelligenza
artificiale ed il suo rapporto con il Cristianesimo possiamo qui sottolineare
un aspetto fondativo che si desume dall’insegnamento e dalla vita concreta di
Cristo.
La
condizione per essere suoi discepoli Gesù la esplicita così: “Se qualcuno vuol
venire dietro di me rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Colui
che decide di seguire Cristo sceglie un distacco dalla propria vita che dovrà
mantenere nel concreto e nel corso dell’esistenza sino all’ineludibile morte.
Questo atteggiamento garantisce la vita eterna nel futuro, un perdere per
acquistare dunque, ma per un bene che si consuma nella storia. Brevemente il
significato della pericope, soprattutto nel Vangelo di Marco sta a dire: Cristo
ha portato un messaggio di
riconciliazione tra Dio e l’umanità e per l’umanità, affinché viva
una fratellanza ed una comunione piena. Questo messaggio è osteggiato e sempre
lo sarà nella storia perché nella divisione tra Dio e l’essere umano e tra gli
esseri umani tra loro ci sarà chi ne trarrà vantaggio. Quindi essere discepoli
significa spendere la propria vita affinché personalmente e come umanità vi
possano essere le condizioni di comunione tra l’essere umano e Dio e, a partire
da questa comunione fontale che sostiene nell’amore e nella pace, vi possa
essere comunione degli esseri umani tra loro.
Quale etica per l’intelligenza
artificiale
Costi
quello che costi, anche la vita, come dimostra la storia di sempre in cui i cristiani
sono la categoria sociale più perseguitata e che paga il più alto prezzo di
sangue, sia ieri sia purtroppo anche oggi. Quale etica dell’intelligenza
artificiale ne consegue? Un’etica che comporti una intelligenza artificiale che
generi inclusione e comunione. Una potenza computazionale che è servizio, che
non diventi un idolo a cui asservire ogni attività umana. Un’Ai per l’uomo che
non esclude l’umano, un’AI che resta mezzo e non diventa fine, uno sviluppo ed
una ricerca che siano antropici – cioè custodi dell’umano anche nella sua
integrità. La cristologia richiama anche la comunione con Dio che non può
essere confusa con una generica comunione con un tutto cosmico o che si sublima
nella comunione con l’umanità. Rispetto all’etica dell’AI questo significa
l’onestà e la chiarezza nel definire non solo quello che l’AI è, ma anche
quello che non è e che non sarà. In un clima mistico religioso in cui si
confonde spesso la materia con il trascendente e l’immateriale con il
metafisico, urge dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio.
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